mercoledì 28 ottobre 2009

Pastisada de caval

pastisada de caval

So che a vederlo direte: "... il solito spezzatino". Ed invece no!!!
Purtroppo la mia foto non può rendere giustizia ad un piatto così ricco di storia, che richiede così tante attenzioni e che sa ricambiare con un sapore ed una delicatezza indescrivibile. Uno di quei piatti da far pippare piano piano, letteralmente per giorni, sulla stufa. Se poi aggiungo che a questo piatto si legano i ricordi di un carissimo amico ristoratore, scomparso da tempo, capirete quanto amo questa delizia.

Cominciamo dall'inizio, ovvero la storia: si tratta di un antico piatto della tradizione veronese risalente alla battaglia del settembre 489, quando a San Martino Buon Albergo (Verona) si affrontarono gli eserciti di Teodorico, re degli ostrogoti, e di Odoacre, re degli Eruli. Dalla sanguinosa battaglia uscì vincitore Teodorico, mentre migliaia di uomini e cavalli restarono sul campo di battaglia.
E per assurdo, mentre la popolazione era ridotta quasi alla fame, tutto quella carne di cavallo imputridiva, ma una regola ecclesiastica vietava di mangiarla.
Fu allora Teodorico a superare tale vincolo, consentendo alla popolazione di mangiare carne di cavallo.
Per ovviare all'odore della carne che iniziava a frollare, venne cotta dopo una lunga macerazione in vino ed odori, per molte ore. Ed ogni volta che veniva ricotta, ne guadagnava in gusto e morbidezza.

Questo racconta un pochino anche come va preparato il piatto: uno o due giorni di marinatura nel vino ed odori (un vino di corpo, rosso). Poi una cottura in più giorni, almeno 3 cotture (1 al giorno) da 3 ore ciascuna. Alla fine, il piatto si presenta con un sugo denso e gustosissimo, e la carne è morbida, friabile, si scioglie letteralmente in bocca.

Vi dico solo che, nonostante il raffreddore "da cavallo", di quelli che ti fanno passare la voglia di tutto, appetito compreso, ieri mia moglie ha fatto anche il bis.

Prima della ricetta, un ringraziamento ed un abbraccio grandissimo a Mario, che mi ha fatto scoprire ed amare questo (ed altri) piatti. Grazie Mario.

Marinatura
  • 1 Kg di polpa di cavallo: vista la lunga cottura, meglio muscolo, sotto spalla o guanciale
  • 1 litro di vino rosso di corpo (cabernet, anche invecchiato, valpollicella, ...)
  • odori: chiodi di garofano, alloro, salvia, aglio
Mettere la carne intera o a pezzi a marinare, ben coperta, per almeno 24 ore, meglio 48.

1a Cottura
  • 1 kg di cipolla
  • 2 coste di sedano
  • 2 carote
  • 40 gr di burro
  • 80 gr di lardo (o burro)
  • olio evo
In un coccio o pentola a fondo spesso fondere in poco olio il burro ed il lardo, rosolare la carne scolata dalla marinatura su ogni lato, aggiungere le verdure tagliate a piccoli tocchetti e quindi aggiungere il vino della marinatura filtrato.
Cuocere dolcemente, coperto per almeno 3 ore mescolando di tanto in tanto: ideale è cuocere sulla stufa, dove il piatto può "pippare" piano piano.
Al termine della prima cottura ho passato le verdure al passaverdure con i fori larghi, in modo che il sugo diventi poi più denso. Far raffreddare e mettere in frigo.

2a e 3a cottura

Il giorno dopo riprendere la cottura facendo nuovamente cuocere a fuoco dolce, per altre tre ore, sempre coperto, mescolando di tanto in tanto.


Servire accompagnando da polenta abbrustolita (e pane morbido per pucciare) e dallo stesso vino usato per la marinatura.
Se, e sottolineo se, vi avanza del sugo, diventa un eccellente condimento per delle lasagne all'uovo.

lunedì 26 ottobre 2009

Baicoli al lievito madre

Baicoli

Ieri mi son dedicato con passione ed amore alla mia pasta madre: infatti leggendo una settimana fa, la risposta in questo post di Stella di Sale a fiOrdivanilla, mi era venuta voglia di giocare un pochino con la mia piccola.

E così, risfogliando i miei appunti presi dal sito di Nistri Andrea e di Gennarino ho lavorato un pochino sulla riduzione dell'idratazione e della temperatura di lievitazione, per correggere l'acidità del lievito. Ovviamente, la p.m. ha risposto subito con quel profumo e quel gusto che ricordavo di aver ottenuto anni fa.

Insomma, dopo aver fatto un bel pacco di crekers (già finiti, mi spiace, niente foto) con il lievito avanzato dal secondo rinfresco, mi son trovato dopo il terzo rinfresco con circa 3 etti di lievito pronto e scalpitante.
Non era però ormai orario per iniziare la panificazione, anche perchè il giorno dopo non avrei potuto seguire come merita l'impasto.

Mi son preso in mano l'ultimo libro delle Sorelle Simili (La buona cucina di casa) e mi si è subito presentata la soluzione: i baicoli al lievito madre, che poi ho ritrovato anche qui nel sito di Paola.

Mi ha conquistato la semplicità del biscotto e la sua tradizionalità: si tratta di un dolce tipicamente veneziano, originario del '700. Il nome deriva dalla sua somiglianza con i piccoli branzini (baicoli in veneziano). Il dolce, semplice e di facile preparazione, si presta ad essere inzuppato in caffè, the, latte, zabaione, vino, .... a vostro piacimento.

Preparazione
  • 300 gr lievito madre rinfrescato
  • 300 gr farina di forza (manitoba '0')
  • 110 gr di acqua (circa) tiepida
  • 75 gr di burro ammorbidito
  • 75 gr di zucchero (aumentabile se vi piace il dolce)
  • 1 cucchiaino di sale scarso
Fare un impasto con tutti gli ingredienti, mettendo il sale per ultimo, e lavorare fino ad ottenere un impasto morbido.
Formare 4 filoncini che si metteranno a lievitare coperti per 4/5 ore.
Cuocere i filoncini a 200°C per circa 10 minuti, fino a che inizieranno a prendere colore, ma prima che si formi la crosticina.
Lasciar raffreddare e far riposare coperti da un panno almeno un giorno (meglio due).
Affettare quindi molto sottilmente, con un taglio leggermente inclinato, i filoncini. Infornarli a 160-170°C fino a che assumono una bella colorazione nocciola: attenzione a non farli scurire troppo o ne risentirà il gusto.

sabato 24 ottobre 2009

Zuppa di castagne e farro

Zuppa di castagne e farro

Ormai son rimaste poche castagne, raccolte la settimana scorsa, così ieri sera, dopo averle lessate, ho lavorato la maggior parte per fare la Marronata di cui vi parlerò più avanti.

Con le ultime rimaste, un paio di pugni, avevo voglia di fare una bella zuppa, anche perchè, adesso che la stufetta a legna ha cominciato a lavorare, adoro le cotture lente e lunghe, vedere la pentola che pippa piano piano.

Dopo aver cercato un po' in giro, ho mescolato varie ricette, tolto ed aggiunto in base alla dispensa e son partito.
A dire il vero ero stato avvisato che in casa nostra non si sarebbe mangiata in casa una zuppa fatta con le castagne ma.... fatte piccole e ben nascoste, alla fine la pentola è stata svuotata :)

Unico consiglio, aumentare un pochino la dose di castagne, specie se non vi disturba un tocco appena dolce nelle zuppe; a me piace, specie se bilanciato dagli odori e da altri toni salati, come la pancetta in questo caso.

Il tono verdino della zuppa non è un errore cromatico, è proprio la zuppa che ha preso questa colorazione grazie agli odori freschi.

Preparazione
Per 4 persone
  • 4 bei pugni di castagne lessate*
  • 4 patate
  • 250 gr di farro precotto**
  • 2 rametti di rosmarino
  • 4 foglie di salvia
  • 200 gr di pancetta dolce (o un po' meno di guanciale)
  • 1 porro
  • brodo vegetale
  • pepe
  • olio evo
  • lardo (facoltativo)
Se le castagne non fossero belle tenere, cuocerle ancora nel brodo vegetale.
In un coccio, o una pentola dal fondo spesso, soffriggere in olio porro e pancetta (ed il lardo); aggiungere le patate pelate e fatte a tocchetti e dopo un paio di minuti aggiungere gli odori ed il brodo (tenendo a parte le castagne).
Continuare la cottura fino a quando le patate saranno quasi cotte, aggiungere quindi le castagna (in parte intere ed in parte schiacciate con la forchetta) ed il farro.
Completare la cottura, spolverizzare col pepe e lasciar intiepidire prima di servire, con crostini abbrustoliti.


* Per lessare le castagne la prossima volta penso di provare a sbucciarle da crude, lasciando la pellicina, bollirle in acqua con 1 foglia di alloro, ed a metà cottura togliere la pellicina e finire la cottura. In alternativa si possono usare delle castagne secche, ammollate una notte e cotte tre ore prima di usarle.

** Se il farro non fosse precotto, lasciarlo a bagno una notte e lessarlo in acqua salata per un'ora

domenica 18 ottobre 2009

Rose di pane svuota frigo

rose_di_pane_svuota_frigo

Mi sono innamorato subito delle Rose di pane proposte da fiOrdivanilla e da Genny, ed ho deciso di prepararle stasera.

Ho scoperto che oltre ad essere buonissime, sono un eccellente svuota frigo: io ne ho fatte di due tipi. Nel primo ho usato prosciutto crudo e pecorino romano, e nel secondo porri, peperoncini dolci e zucchine.

Se non l'avete ancora provato la consiglio, l'effetto è garantito (anche se non proprio come un mazzo di rose), e poi son gustose.

Preparazione
Per la preparazione della base si tratta del classico impasto da pane (500 gr farina 00, circa 250 gr di acqua, 12 gr di lievito, 3 cucchiai di olio, 1 cucchiaino di sale); unica attenzione, cercate di non farlo troppo umido o molle.
Dopo il raddoppio la pasta sgonfiata e tirata a rettangolo. Quindi su questa si distribuisce il ripieno, si arrotola e si taglia il rotolo a medaglioni.
Questi vanno riposti nella teglia ricoperta di carta forno un po' distanziati. Si lascia completare la lievitazione mentre il forno si scalda a 180°C.
Per la cottura bastano 40 minuti circa, fino a leggera doratura, che va completata con qualche minuto di grill.

Per il ripieno di verdure, a differenza di Genny e Manuela, io l'ho leggermente spadellato prima di usarlo.

Marmellata di pompelmi rosa e limoni confit

Come promesso nel post sulle Fette biscottate alla zucca, ecco svelato cos'èera quel blog rosa/arancio visibile sullo sfondo.

Marmellata pompelmo rosa e limone confit

L'ispirazione l'ho avuta dalla Marmellata di pompelmi e zenzero di Lisa; anzi, appena l'ho vista son corso a prenotare i pompelmi dal fruttivendolo.

Appena preparati i pompelmi, belli rosa e sugosi, son cominciati i dubbi: innanzitutto lo zenzero.
Mi piaceva l'idea del tono esotico, ma ... non so. Così, senza tanto guardarmi intorno, l'occhio mi è caduto su quella vagonata di Limoni in salamoia (o limoni confit) che ho preparato.
Allora mi son detto "perchè no ?!": limoni e pompelmi son parenti, tono esotico ne han da vendere, e poi stò raccogliendo un po' di ricette da passare agli amici a cui ho affidato un po' di limoncini.

Son certo che la variazione è perdonabile, ma magari non mi perdonerete di esser passato dalle lunghe cotture con solo zucchero, alla pectina. Ma che devo confessare che, vedendo un così bel colore (proprio come si vede in foto), che richiama il sole e l'estate... non ce l'ho fatta, ed ho ceduto alla pectina.

Alla fine, il risultato mi è proprio piaciuto, ed anche mia moglie ha abbandonato il barattolo di marmellata ai fichi (già aperto) e le gelatine di giuggiole per passare a questa ;)

Preparazione
  • 1 kg di polpa di pompelmi rosa
  • 400 gr di zucchero
  • 5 fette di limone in salamoia
  • 1 bustina di pectina 2:1
Una volta tagliata via la buccia ai pompelmi, eliminando anche tutta la parte bianca (arrivando quindi fino alla polpa), eliminate tutte le pellicine che rivestono ogni fetta.
Ci vuole meno di quello che si pensa, basta tagliare a metà il pompelmo sbucciato, prendere una metà ed iniziare togliendo la polpa di una delle due fette che avremo tagliato; quindi togliere la pellicina di questa fetta e della successiva (verranno via assieme). Resterà quindi scoperta la polpa della seconda fetta, e da qui si procede come per la prima.
Preso il ritmo si va che è un piacere. Tenete presente di fare l'operazione sulla ciotola dove raccogliete la polpa, perchè il succo che cade va usato.

Le fette di limone in salamoia, invece, vanno ben lavate della marinatura, togliete la polpa e tenete solo la buccia (sia il giallo che il bianco), tagliatela a cubettini ed aggiungetela ai pompelmi

Il procedimento poi per è quello classico delle marmellate con pectina: si mescola la pectina allo zucchero, si aggiunge alla frutta, si porta a bollore e si fa bollire per 5 minuti. Poi si mette il tutto nei vasetti e si sterilizza.

sabato 17 ottobre 2009

Pane alle castagne per il wdb

Anche io vorrei partecipare alla bellissima iniziativa di Zora, il Word Bread Day.
E l'evento casca giusto a fagiolo, visto che l'altro giorno sono finalmente riuscito a staccare il piccolo dalla tv (e dal pc) per portarlo a passeggiare nei boschi.
Come premio siamo tornati con delle piccole ma belle castagne e tanta voglia di tornare (magari per rivedere i caprioli che ci aspettavano a bordo del bosco).

le_castagne

Già scendendo dal bosco sapevo cosa avrei fatto con questa delizia, presa in minima quantità, per non affamare scoiattolini, ghiri ed altri animaletti del bosco: Pane !!!!
Ho cercato un po' qualche suggerimento e... ho trovato quello che cercavo in un bel post dello scorso anno di Stella di Sale.

pane_alle_castagne

Riporto la ricetta, anche se in realtà le modifiche sono piccolissime (e le ho evidenziate per correttezza) ma certamente non influenti sulla qualità finale, anzi: le pagnottine di Stella mi sembrano molto iù soffici delle mie.

Purtroppo la mia pasta madre era un pochino risentita nei miei confronti ed ha impiegato più del previsto a riattivarsi. Ha ragione, non è il modo di trattare una così fedele amica, quasi due settimane che non la rinfrescavo. Altro che l'amore che ci mette Leonard, il marito di Iana (leggete questo bellissimo post).

Preparazione

  • (300) 200 gr di castagne bollite in acqua (salata) facendo un piccolo tagliettino ed aromatizzando con una foglia di alloro, schiacciate grossolonamente a mano
  • 400 gr di farina di forza
  • 100 gr di farina 00
  • (200) 150 gr di pasta madre
  • 1 (cucchiaino) cucchiaio di malto
  • 1 cucchiaino di sale
  • (2 cucchiai di olio evo) l'ho scordato :(
  • acqua q.b.
Impastare bene il tutto tranne il sale, ottenendo un impasto morbido ma non appiccicoso. Aggiungere il sale e lavorare almeno 10 minuti sulla spianatoia.
Fare un giro di pieghe del primo tipo: questo aiuta a strutturare l'impasto, e con i pezzetti presenti all'interno dell'impasto ce n'è bisogno.
Mettere a lievitare fino al raddoppio. Nel mio caso, per un problema di tempi, ho fatto lievitare tutta la notte, quindi ben oltre il raddoppio.
Fare la pezzatura e formare i panini dando un giro di pieghe del secondo tipo (questo aiuta a strutturare e far crescere in verticale i panini).
Lasciar riposare (un'oretta) 60-90 minuti mentre il forno viene portato a 180°C. Informare e cuocere fino a doratura (circa 1 ora).

p.s.: meglio sarebbe stato avere 300 gr di castagne, ma ne abbiamo raccolto davvero troppo poche... c'erano un sacco di scoiattolini affamati ... :)

venerdì 16 ottobre 2009

Fette biscottate alla zucca

Dopo le bellissime proposte di Valina e di Ago non potevo fare a meno di provare anch'io a fare delle fette biscottate; anche perchè vista le quantità che consumiamo a colazione, merenda (e qualcuno anche nel post cena), era un esperimento da fare.

Fette biscottate alla zucca

A dire il vero tutto è iniziato con l'idea di fare del pane "veloce" alla zucca, quindi con lievito compresso, non lievito madre. Ma quando ho visto l'impasto... non ho resistito, ho preso la teglia da plumcake ed ho iniziato.

Una volta pronta mi spiaceva quasi biscottarlo, tanto era morbido, dolce e arricchito del buon profumo di zucca (chissà che delizia sarà con il lievito madre, la prossima volta).

Ma ormai era deciso, così son passato alla tostatura e... ne vale la pena: le fette sono buonissime, dolci ma non stucchevoli (niente zucchero o miele), bella dorate (complice il colore della zucca), belle scrocchiarelle. Il profumo di zucca è sparito, anche se resta leggera traccia del gusto.

L'ideale insomma per iniziare l'ultimo sforzo della settimana (lavorativo intendo).

E per ottenere il massimo sprint, ad accompagnare queste fette sullo sfondo potete intravedere la marmellata di accompagnamento: una vera delizia, colorata, quasi brillante, profumatissima, con un forte richiamo di sole ed aromi esotici... curiosi ??? Al prossimo post allora.

Preparazione
  • 12 gr di lievito
  • 500 gr di farina 00
  • 150 gr di zucca cotta e schiacciata
  • 40 gr di burro fuso
  • accqua q.b.
  • 1 cucchiaino di sale
Preparate la zucca pulendola e lessandola. Passatela allo schiaccia patate e ripassatela leggermete con il burro e poca acqua. Fate intiepidire o raffreddare il purè prima di procedere.
Attivate il lievito sciogliendolo sbriciolato in poca acqua tiepida e leggermente zuccherata; fate riposare 10 minuti.
Setacciate la farina e miscelatela prima con il lievito, quindi con la zucca e burro, e tanta acqua quanto basta ad ottenere un impasto molto morbido, leggermente appiccicoso. Poco prima della fine aggiungete il sale.
Versate l'impasto sulla spianatoia, continuate a lavorare battendo più volte (per rendere l'impasto più elastico) per 5 minuti.
Formate quindi un lungo rotolo, piegatelo in 2, e formate una semplice treccia a 2 capi. Mettetela in una teglia da plumcake (o una cassetta) ben imburrata, livellandola.
Coprite e fate riposare fino al raddoppio, in luogo caldo e tranquillo.
Infornate a 180 °C fino a cottura (30 minuti circa). Rovesciate e mettete a raffreddare su una grata.
Per il taglio meglio aspettare che sia ben freddo e compattato (12 ore bastano), quindi infornate di nuovo a 180°C sulla teglia, girandole e controllando spesso che non brucino ma che si dorino uniformemente.
Spegnere, far indiepidire il forno, rimetterle dentro e chiuderlo in modo da completare l'asciugatura.
Aspettare che siano fredde per gustare.

martedì 13 ottobre 2009

Risi e latte

Risi e latte

Tutto è cominciato quando un mesetto fa ho visto sul blog di Paoletta la ricetta di Valentina, una sua lettrice: la torta di riso di nonna Giulia.

Mi è subito tornato a mente quando mia mamma mi racconta che da piccola andava matta per Risi e latte. La cosa strana è che mi ha parlato tante volte di questo piatto, ma non ricordo me l'abbia mai preparato. Mah...

Ed anche ieri sera, mentre preparavo la Torta di riso e latte (buonissima, vi posto la foto, tanto per invogliarvi a provarla), pensavo ai Risi e latte. Ho chiamato mia mamma, ma pareva non ricordasse bene la ricetta.

torta riso e latte: corr.colore

Sarebbe finita lì, se non fosse che quando stamattina ho portato la torta in ufficio subito una collega mi ha raccontato di come prepara la minestra di Risi e latte (non ho ancora capito se le colleghe si arrabbiano perchè attento alla loro linea o son contente di queste colazioni "alternative").

Segnata e rifatta subito. Ho poi scoperto che è praticamente identica alla versione di Virginia (benedetto Google).

Preparazione
A persona
  • 1/2 bicchiere di riso
  • 1/2 bicchiere di acqua
  • 1 bicchiere di latte
  • 1 pizzico di sale

  • una noce di burro
  • un cucchiaio di grana
Cuocere il riso nella miscela di latte ed acqua con poco sale, avendo cura di non far assorbire tutto il riso. Deve infatti essere a metà fra cremoso e liquido. Se si asciugasse troppo, aggiungere poco alla volta del latte.
In questo modo, aggiungendo burro e grana, e lasciando riposare qualche minuto, il composto assume una consistenza cremosa e morbida, non impaccando, cosa che lo renderebbe un po' stopposo.

Se vi piace (a me moltissimo) vi consiglio di provare l'aggiunta di una spolverata leggerissima di cannella.

domenica 11 ottobre 2009

Gelatine di giuggiole

Gelatina di giuggiole

Ebbene si, ancora giuggiole, ma che posso farci se l'albero continua a produrre, anzi sempre di più aggiungerei.

L'ultimo raccolto è stato di quasi un kg, e se vi sembra poco, vi assicuro che ce ne vogliono tante per arrivare ad un kg. E se son tante, vi dico aprirle una ad una per togliere l'osso, cosa vuol dire.
A dire il vero, ieri ho aspetto che tutti andassero a letto, mi son messo davanti alla tv, guardando un vecchio film con Cary Grant (Intrigo internazionale), non mi son neanche reso conto del tempo che passava.

Visto che la marmellata l'avevo già fatta, l'obiettivo era di preparare il Brodo di giuggiole, di cui vi ho già parlato.
Solo che oggi, dopo aver finito di prepararlo, mi son reso conto che era un peccato buttare via quel che restava (giuggiole e mele).
Così l'ho passato al passaverdure ed ho aggiunto della gelatina. Ho versato il tutto in una piccola pirofila e messo in frigo a solidificare.

Il risultato finale lo vedete in foto: sono dei piccoli rettangolini che assomigliano in consistenza, ed abbastanza anche nel gusto, a quegli scacchetti di cotognata, incelofanati uno per uno, che ci davano da piccoli, specie in colonia. Io li ho impacchettati con della carta forno.

Non saranno straordinari, magari saranno troppo dolci, ma a me fan tornare bambino.
Unico problema come conservali.... mi sa che li dovrò mangiare in fretta ;)

Fegato alla vicentina

fegato alla vicentina

Ho già parlato più volte di quel libro di Amedeo Sandri sulla cucina vicentina, a me tanto caro, quindi non mi dilungo a parlarne, ma vi riporto invece un piccolo brano:

I vicentini i xè sempre stà maestri nel cusinare el figà, cioè come tutti i veneti in genere ed in particolar modo i veneziani. Si può dire che ormai il fegato alla veneziana è conosciuto non solo in tutta la nostra penisola, ma anche oltre confine; non è così per quello alla vicentina, che si discosta di pochissimo dal precedente. [...] Il Leonardi [n.d.blogger: Francesco Leonardi, cuoco di origine romana, lavorò per un Richelieu e Luigi XV, per il generale Schouvaloff e per l' imperatrice Caterina II di Russia] lo riporta nel suo "Apicio Moderno" già nel 1790, per cui è da credere che questo piatto fosse preparato già da tempo nelle varie mense locali.


Come Sandri fa notare, anticamente nel fegato alla veneziana si aggiungeva un po' d'aceto, aggiunta ora quasi ovunque trascurata, mentre nel fegato alla vicentina, l'aceto veniva sostituito da un vino bianco, secco o amabile, al limite appena qualche srpuzzo di limone a fine cottura; altra differenza, non viene fatto uso del pepe.
L'indispensabile per la preparazione è che il fegato sia veramente di vitello da latte e quindi bianco e teneressimo, tagliato a fettine sottili e privato della pellicina che lo riveste, in modo che non si arrici durante la cottura. Meglio fare da se, specie se dal macellaio c'è un sacco di gente e lui ha fretta.

A me piace davvero un mondo il fegato, ed anche se lo devo sempre preparare per me solo, ne faccio un po' in più di una porzione.
Quello che avanzo lo consumo il giorno dopo sulla pasta, nel risotto, oppure sminuzzato o frullato su dei crostini di polenta o di pane (come nella foto). In quest'ultimo caso meglio non abbrustolirli troppo, così assorbono tutto il sugo di cottura che ci si versa sopra.


Preparazione

Tagliare a fettine sottili il fegato di vitello dopo averlo privato della pellicina bianca che lo ricopre.
Tagliare a velo abbondante cipolla bianca dolce, farla appena passare nell'olio, a fuoco basso, giusto fino a farla diventare trasparente.
Aggiungere la carne e continuare la cottura per qualche minuto, sempre a fuoco bassissimo, fino a farla colorire.
Bagnare con con il vino bianco ed aggiungere sale ed un po' di prezzemolo. Per il vino io ho scelto un vino sapido e acidulo, il Garganego, in grado di tener testa al sapore del fegato, ma m'incuriosisce la proposta di Sandri di usare un vino dolce, che porterebbe ad esaltare la vena di dolce presente in questa carne.
Alzare un poco la fiamma ed appena il vino sfuma, servire ancora caldo.
Accompagnare con delle piccole fettine di polenta abbrustolite.

sabato 10 ottobre 2009

La Pu....

La pu....

Scusate se non lo metto proprio nel titolo, ma il nome di questo classico della nostra cucina popolare a casa mia si troncava per ... decenza.

Invece la Putana è così buona che le si può perdonare il nome, che a dire il vero non ho mai capito perchè si sia meritato.
Nel mitico La Cucina Vicentina (già citato nel post sulla Mosa), Amedeo Sandri usa questo nome anche per la Torta di pane e latte (Putana Gentile), proposta recentemente da Sweetcook, o per la Crostata di Mele (Putana coi pomi).

La pu....

La versione originale viene essere oggi arricchita con tante piccole dolcezze, che a noi sembrano poca cosa, ma una volta...
Quando oggi stavo per prepararla è arrivata mia mamma, così, mentre mi dava una mano a tener mescolato, che non no' a fassa grumi, mi ha ricordato che nella pu.... della Nonna Betta, c'era solo poco zucchero (che costava), tanti pomi, ed il latte, sempre poco, si tagliava a metà con l'acqua (almeno chi non aveva bestie in casa).
Aggiungo io, che magari mia mamma non lo ricorda, ma forse un pò di strutto veniva aggiunto giusto per dargli più sostanza e gusto.

Anche la cottura cambia, una volta si cuoceva poco la polenta (cucinare voleva dire legna, e quella serviva anche a scaldarsi) ed invece veniva allungata la cottura nel forno, che 'sti anni veniva fatta in un testo coperto, o in un coccio, sotto la cenere e le braci.

Comunque sia, ieri ed oggi, questo semplice dolce è davvero buonissimo, facile ed alla portata di tutti.

Con questo dolce ho deciso di partecipare per la prima volta ad un concorso: si tratta di Sunday Morning, proposto su Juls' Kitchen grazie alla sponsorizzazione di Macchine Alimentari.


Mi è piaciuta molto la presentazione di Giulia, e questo dolce, adesso come quando ero bambino, è una delle cose che, se trovo in cucina la mattina, ad aspettarmi nella teglia sotto il tovagliolo, trasformano qualunque giorno in una festa.

Ingredienti
  • 1 litro di latte
  • 200 gr di farina gialla (circa)
  • 150 gr di strutto (o burro)
  • 150 gr di zucchero
  • 8 fichi secchi
  • 100 gr di uvetta
  • 1 mela gialla
  • 8 noci
  • poco lievito
  • grappa
  • burro e pangrattato per ungere la teglia
Preparazione

Mettete a bagno i fichi secchi con l'uvetta lavata in poca acqua tiepida e grappa. Sbucciate e tagliate a tocchi le mele. Aprite le noci e fate a pezzettini i gherigli.
Far raggiungere il bollore al latte, quindi aggiungere a pioggia tanta farina quanta necessaria a formare una polentina piuttosto molle.
Tenendo sempre mescolato per evitare grumi, cuocete 15 minuti. Aggiungete quindi lo strutto (o il burro), l'uvetta scolata, le mele, i fichi fatti a pezzetti e le noci spezzettate.
Cuocete ancora per altri 15-20 minuti e, solo alla fine, aggiungete un bicchierino di grappa ed il lievito.
Versate il tutto in una teglia (meglio sarebbe uno stampo di rame) precedente imburra e cosparsa di pan grattato. Livellare ed infornare a 190° per 45-60 minuti, fino a che si forma una bella crosticina.
Lasciarla intiepidere prima di tagliarla e servirla.
Il giorno dopo, secondo me, da il massimo di se stessa.

mercoledì 7 ottobre 2009

Anch'io ho.... schiacciato

Scusate se riprendo il tormentone televisivo, ma dopo averla vista preparare da così tanti food bloggers (Paoletta, Elga, Milla, Carolina, ... solo per citarne qualcuna) e visto che il frigo continua a riempirsi d'uva, mi son deciso anch'io a realizzare una Schiacciata all'uva.

schiacciata_con_uva_1

Avevo un po' di uva fragola ed un po' di uva garganega, quindi mi son detto, se non basta una usiamole entrambe ;)

Ovviamente il mio cucciolo non si è tirato indietro, e si è subito offerto di aiutarmi a mettere l'uva.
Tutto filava liscio fino a quando, dopo aver completato l'interno, ha deciso che la copertura doveva essere "una perfetta opera d'arte". Quando ho cercato di fargli capire che era già da tempo passata l'ora di andare a letto, e che se non si spicciava a comporre le faccine (davvero artistiche l'ammetto) la schiacciata avrebbe ripreso a lievitare.... apriti cielo.
Meno male che tutto passa in fretta, e quando oggi ha visto le foto che stavo pubblicando abbiamo fatto subito la pace.

schiacciata_con_uva_2

Temevo di averne fatta troppa, ed invece i colleghi stamattina sono stati felicissimi di aiutarmi a finirla...

La ricetta è quella classica, io ho fatto comunque un mix, per adattarla a tempi e alimenti disponibili.

Ingredienti
  • 300 gr farina manitoba
  • 300 gr farina 00
  • 25 gr lievito di birra
  • acqua q.b. (350 gr circa)
  • 1 cucchiano di sale
  • 3 + 6 cucchiai di zucchero
  • 3 cucchiai di olio evo
  • 3 grappoli di uva fragola
  • 3 grappoli uva garganega
  • 1 cucchiaino di semi d'anice
Mentre il lievito si scioglie in poca acqua tiepida zuccherata, setacciare le farine e formare la fontana in una capiente ciotola. Appena l'acqua con il lievito inizierà a fare la schiumina (10 minuti) versarla nella fontana, iniziare ad aggiungere l'acqua e lavorando aggiungere 4 cucchiai di zucchero, l'olio e verso la fine il sale.
L'impasto deve risultare umido e molto morbido, ed inevitabilmente un po' appiccicoso. Rovesciare sulla spianatoia e lavorare, aiutandosi con pochissima farina, per 10 minuti.
Far lievitare l'impasto in una ciotola coperta per 60-90 minuti, fino a quando sarà quasi triplicato di volume.
Rovesciare nuovamente nella spianatoia, dividerlo in due parti (1/3 una e 2/3 l'altra) e praticare per ogni parte un paio di volte le pieghe di tipo 1 proposte da Adriano.
Rimettere a riposare coperto ogni pezzo per 20 minuti, mentre il forno si scalda fino a 180-190°C.
Trascorsi i 20 minuti, ungere una capiente teglia con olio, tirare l'impasto più grande e foderare la teglia, compresi i bordi. Versare buona parte dell'uva, tenendo da parte quanto serve per decorare, e coprire con 3 cucchiai di zucchero.
Tirare l'impasto più piccolo e metterla sull'uva, richiudendo i bordi della prima sfoglia sulla seconda.
Usare la rimanente uva, 3 cucchiai di zucchero ed i semi d'anice per decorare. Infornare per 45-60 minuti, fino a cottura della superfice.
Prestare attenzione sia al fondo che alla superfice della schiacciata che non devono seccarsi.
Aspettare che raffreddi per tagliarla e servirla.

domenica 4 ottobre 2009

Bigoli con l'anitra

Oggi è la Festa del Rosario, e come da tradizione da noi si mangia l'Anitra.

La tradizione vuole che l'anatra, tolto cuore e fegato, venga lessata con le sue interiora. Una volta cotta, le interiora vengono usate con cuore e fegato per preparare il sugo che condirà i Bigoi co' l'arna (lessati nel brodo di cottura) a cui viene fatta seguire l'anatra lessa.

bigoli con l'anatra

Oggi per trovare un'anatra intera, non eviscerata, bisogna conoscere qualche contadino. Per tutti gli altri, si può ricorrere ad un macinato d'anatra con cui preparare il classico ragù.

Il macellaio però ieri aveva finito il macinato, ho quindi optato per un'anatra intera, di cui ho usato i petti, sfilettati e macinati a mano, per condire i Bigoi.

La restante anitra, immaginando che il lesso non sarebbe stato apprezzato per la sua grassezza, l'ho preparata al forno con le patate.

anatra al melograno

Giusto per smorzare il tono del grasso, e richiamare la stagione, ho scelto di bagnare la carne sia nella marinatura che durante la cottura, con succo di melograno. Anche se leggero, il sapore del melograno ha dato un tocco molto gradevole.

Bigoli con l'anitra
  • 4 etti di bigoli freschi
  • Petto d'anatra
  • Fegatini di pollo (facoltativi)
  • 1 carota
  • 1 cipolla grossa
  • 1 costina di sedano (se gradita)
  • 3 grani di ginepro
  • 3 foglie di salvia
  • olio evo
  • 30 gr di burro
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 3-5 dl di brodo (1 cipollina, 1/2 carota, 2 chiodi di garofano, sale, 1/2 foglia di alloro, 1 ciuffo di prezzemolo)
Sfilettare e macinare a mano il petto, aggiungendo anche qualche pezzetto di grasso macinato.
Con le ossa (ed eventualmente le zampe ed il collo) preparare 1/2 litro di brodo, aggiungendo 1 cipollina in cui infilare 2 chiodi di garofano, sale, 1/2 foglia di alloro, 1 ciuffo di prezzemolo.
Preparare intanto un trito fino con la cipolla, carota, sedano e far appassire con abbondante olio evo e burro.
Aggiungere la carne mescolandola in modo che prenda colore. A questo punto aggiungere i fegatini (se li gradite, ma ve li consiglio), il vino, la salvia ed il ginepro e fare asciugare piano piano.
Bagnare con poco brodo alla volta e continuare la cottura coperta a fuoco moderato.
Versare il restante brodo nell'acqua di cottura della pasta e cuocere i bigoli. Servire con abbondante condimento.

sabato 3 ottobre 2009

I Sugoli

sugoli

Avevo già preparato questo dolce tempo fa, ma quando ieri tornando a casa mio cognato mi ha portato una bottiglia di mosto che ancora stava bollendo ho subito tirato fuori gli appunti e via...

mosto
E' un dolce contadino, veneto ed emiliano, tipico del periodo della vendemmia. Nel suo blog Susy propone i "suoi sugoli", giustamente riadattati al suo gusto.
Io ho voluto riutilizzare la ricetta più classica: in un modo o nell'altro, son sempre una delizia.
Vi invito a leggere anche i commenti a questo articolo, dove viene dipinta una bellissima cartolina con i ricordi dei bambini (ormai adulti) che scendevano di casa con le scodelle e le 10 lire quando nelle calle chioggiote arrivava la Maria della Frutta gridando "sugoli, sugoli caldi...".


Preparazione

  • 1 litro di mosto
  • 4/8 cucchiai di farina
  • 3/4 cucchiai di zucchero
  • 1 limone
  • 1 stecca di cannella
In una tazza versare a filo poco mosto con 1-2 cucchiai di farina e 1 cucchiaio scarso di zucchero per ogni 1/4 di litro di mosto, ottenendo una crema liquida senza grumi che metterete da parte.
Se volete alla fine ottenere una gelatina, usate 2 cucchiai per 1/4 di litro, io ho usato 1 cucchiaio, ottenendo una crema densa, dove in compenso non si sentiva il gusto di farina.
Far raggiungere il bollore al mosto con la cannella in stecca e la buccia di limone grattuggiata.
Togliere la stecca di cannella ed aggiungere a filo la crema tenuta da parte mescolando con la frusta per evitare sempre i grumi.
Far bollire 5/10 minuti, mescolando ogni tanto; versare nelle coppette e lasciare raffreddare in frigo qualche ora.
Servire spolverizzando con cacao amaro o se siete golosi come me, con panna fresca appena montata.