domenica 30 agosto 2009

Mascarpone fatto in casa


Adoro quando si presentano coincidenze che sembrano indicarmi una strada da seguire, qualcosa da fare.

Ed è quello che è successo qualche giorno, durante una gita con il mio piccolo tesoro sui monti del Grappa ad un Acropark.
Dopo le scatenate acrobazie, ci siamo rifugiati in una malga/agriturismo per rifocillarci e qui abbiamo trovato anche un piccolo Museo del Casaro.


Non potevo certo perdermelo, anche perchè in una piccolissima stanza era conservata oltre alla storia di un formaggio davvero speciale, il Morlacco del Grappa ed anche tutta la magia che i lavori del passato evocano.
E' un po' quella magia che spesso cerco quando faccio le cose in casa, che deriva dalla genuinità, dalla semplicità, dalla ricerca di soluzioni spesso fantasiose.

Ebbene, rivedendo gli attrezzi per la preparazione del Morlacco mi è tornato subito a mente quanto avevo sentito durante la festa del Morlacco, ad inizio agosto, ovvero che si fa da latte scremato, ed un articolo apparso sul numero di agosto-settembre di Sapori d'Italia, dove si spiegava come fare in casa il mascarpone.

C'era tutto quanto bastava per mettermi quel tarletto in testa che non mi avrebbe lasciato in pace fino a che non gli davo retta. E così ho preso del latte crudo, ho fatto la scrematura ed iniziato a fare il morlacco.

E con la panna della scrematura??? Bhe ovviamente ho fatto il mascarpone: buonissimo, specie se mangiato sul pane caldo con marmellata o l'insostituibile crema di nocciole.

Scrematura

Per ottenere la panna, ho messo la sera il latte (4 litri) in una pentola molto larga, coperta, in frigo.
Alla mattina, con un grosso cucchiaio, con molta delicatezza, ho rimosso la panna che si era raccolta in superfice.
Il diverso colore tra panna e latte aiuta a capire quando si sta rimuovendo la panna (più chiara) e quando si è arrivati al latte.

Mascarpone

Il mascarpone, non è un vero e proprio formaggio, ma in realtà panna cotta acidificata fino alla coagulazione, insomma una via di mezzo tra panna e burro.

Nella produzione industriale è tutto misurato, preciso, ed utilizza ovviamente soluzione tecnologiche, come l'acido citrico o il tartarico, e la panna... bhe quella spero sia panna, e non grassi raccolti dal siero come si fa per il burro.

Io ho voluto invece usare il vecchio sistema, quello de 'na volta: innanzitutto la panna è panna (sopra avete visto come si ricava dal latte), e per acidificare ho usato succo di limone (ma si potrebbe usare anche aceto bianco diluito).

Aggiunto alla panna un punta di zucchero (circa 1 gr/litro, ma un po' di più non fa male), che serve a renderlo poi lucido, si porta tutto a 90° circa, o se non si ha il termometro, fino quasi al primo bollore.
A questo punto si toglie dal fuoco, la si lascia riposare un minuto o due, e si aggiunge poco alla volta, succo di limone, poco alla volta, mescolando delitamente, fino a quando la panna comincia a cagliare. Ovvero fino a quando si vedono grumetti di panna che si separano dal siero.


Per dare un'idea della misura, io ho usato circa 3 siringhe da 0,5 ml (circa 1,5 ml alla fine), ma è meglio procedere versando goccia a goccia.

Questo metodo (goccia a goccia) è quello migliore, perchè consente di aggiungere la giusta quantità di succo, che varia a seconda della concentrazione del succo, dell'acidità della panna, della temperatura della panna....
Inoltre questo metodo consente un maggiore controllo sulla cremosità: bisogna aggiungere lentamente il succo e fermarsi appena coagula. Io l'ho aggiunto troppo velocemente ed è venuto un attimo troppo denso.


Quando è inziata la cagliata, si lascia riposare qualche minuto, senza mescolare, nella pentola. Si versa quindi il tutto su un colino, sul quale si è messo una tela di lino o cotone a maglia finissima. Si porta tutto in frigo per qualche ora fino a che termina lo spurgo del siero.

(Leggi anche la seconda versione nell'articolo sul Tirami sù al limone)

Et voilà: io l'ho proposto con la crema di nocciole, ma anche con una marmellata di fichi è fantastico.

venerdì 21 agosto 2009

Piadine e stracchino fatto in casa

Un paio di giorni fa ho deciso di preparare un formaggio molle: dopo averci provato inutilmente con il caglio in polvere (del quale non riuscivo a capire il titolo, o potere cagliante) sono passato a quello liquido*.
E le cose sono decisamente cambiate.



Il primo esperimento lo vedete qui sopra, lo Stracchino ha superato le mie aspettative, ed il formaggio è davvero buonissimo. Per la ricetta ho seguito i consigli del mitico Roberto del sito FaroMagio.

Dopo due giorni di maturazione era già pronto (o forse sono io che non resisto di più senza assaggiarlo) e così stamattina cercavo un modo per usarlo degnamente.

"Che patata che sono," mi son detto, "le piadine !!!". E si che le faccio così spesso, quando ho fretta e qualche formaggio o affettato in frigo da finire.



Ecco allora la doppia ricetta (scusate la lunghezza del post).

(*) Penso che in futuro scriverò parecchi post sul formaggio, ho in frigo ancora 1 litro di caglio, sufficiente per cagliare circa 4000 litri di latte !!!!!


Stracchino in casa

  • 3 litri di latte crudo
  • 1 cucchiaio di yogurt
  • 7 ml di caglio di vitello liquido titolo 1/10000
  • sale marino
La sera del primo giorno ho aggiunto un cucchiaio di yogurt sciolto in qualche cucchiaio di latte a 3 litri di latte crudo.
Seguendo i suggerimenti di Roberto ho usato lo yogurt greco Total della Fage; importante è che lo yogurt contenta i due fermenti classici, ovvero il lactobacillus bulgaricus e lo streptococcus thermophilus.
Portato il latte alla temperatura di 37°C, ho spento la fiamma ed aggiunto 7 ml di caglio (il mio caglio, nonostante il titolo 1/10000, consigliava l'uso di 0,15-0,25 ml/litro).
Dopo aver ben mescolato ho coperto e messo a riposare la pentola, a sua volta rivestita con del pail per mantenere la temperatura.
Appena la cagliata si è formata (circa 50 minuti) ho effettuato il taglio segnando con il coltello dei quadrati di circa 5 cm di lato. Ho ricoperto e lasciato riposare altri 45 minuti, fino a che ho visto che iniziava a spurgare il siero.
A questo punto ho delicatamente portato con un mestolo forato la cagliata sulle fuscelle, poste sospese su una pentola per favorire lo scolo del siero (che non va buttato, serve poi per fare poi la ricotta).
Ho sigillato il tutto meglio che ho potuto ed ho coperto il tutto (fuscelle e pentole) con il pail per simulare la stufatura.
La mattina seguente (quindi dopo circa 8 ore), ho tolto le fuscelle dalla stufatura, salando il formaggio su un lato e girandolo. Le fuscelle sono rimaste a temperatura ambiente, coperte da un telo, sospese su un piatto in modo da non toccare il siero che sgocciolavano.
Al pomeriggio ho salato di nuovo e rigirato il formaggio.
La sera ho passato lo stracchino in frigo (coperto da un telo), girandolo spesso.
La mattina del terzo giorno ho definitivamente tolto lo stracchino dalle fuscelle, e tenendolo in frigo (sempre coperto) ho continuato a girarlo spesso.... assaggiandolo ogni tanto.

E' venuto davvero cremoso con quella venetta acidula proprio tipica dello stracchino. Ah, la resa dello stracchino è notevole (essendo un formaggio che trattiene molto siero): con 3 litri ho ricavato circa 750 gr di stracchino, ovvero una resa di circa il 20%.


Piadine con stracchino e crudo

Per le piadine ho utilizzato la ricetta classica, con l'unica eccezione per lo strutto (che anche se da un gusto eccezionale, è decisamente pesantino) sostituito dall'olio.
  • 500 gr di farina (non setacciata)
  • 1/2 cucchiaino di bicarbonato
  • 1 cucchiaino di sale
  • 250 gr di latte tiepido
  • 5 cucchiai di olio
Ho mescolato alla farina il bicarbonato ed il sale. Quindi ho aggiunto latte ed olio impastanto per pochi minuti, quanto sufficiente ad ottenere un impasto compatto ed omogeneo.
Ho chiuso il tutto con la pellicola e messo in frigo a riposare per 30 minuti.
Trascorso questo tempo ho formato 8 palline (circa 100 gr ciascuna) ed, una alla volta, le ho stese formando un disco di 20-25 cm di diametro e 2-4 mm di spessore (non di più) e messe subito a cucinare su una pentola antiaderente, senza nessun condimento.
Appena un lato comincia a colorarsi, giro e stendo sopra lo stracchino ed il crudo (di parma ovviamente), richiudo a libro e cuocio sui due lati.

Da mangiare bella calda, con il formaggio che cola.

p.s. se non piove, fuggo qualche giorno da questa arsura (oggi 38°C) e mi rifugio in montagna, quindi scusate se risponderò con ritardo ad eventuali commenti.

mercoledì 19 agosto 2009

Peperoni agrodolci caramellati

Sono quattro giorni che ho questo stuzzichino per la testa, e fino a che non l'ho preparato, non son riuscito a pensare ad altro piatto. Un po' come quando non torna a mente un nome e continui a pensarci, o un ritornello ti tormenta per giorni interi.


E' successo tutto venerdì, preparandomi per il week end in montagna: ho sbirciato nel frigo ed ho trovato un pugno di peperoni, di quelli a forma di cornetto sottile, che da noi si mettono in vaso in agrodolce.

Pochi per farci qualsiasi piatto, mi son tornati subito a mente i peperoni di Cisco. Ai suoi peperoni si legano ricordi lontani, quando in città spuntava per le vie del centro questo simpatico vecchietto, con la sua piccola vetrinetta appresso, poco più grande di un giornale chiuso.

La montava con attenzione su un piccolo cavalletto, e poi l'apriva; era come si aprisse il vaso di pandora: ne uscivano un sacco di stecchi caramellati uno più invitante e più buono dell'altro. Noci, uvetta passa, albicocche ed altri frutti seccati, tutto si ricopriva di un dorato caramello. E poi loro, il pezzo forte: i peperoni agrodolci caramellati.

Premesso che io pochissime cose non riesco ad affrontare, ed una di queste è l'aceto (sia per il gusto che per l'odore), capirete che assaggiarli la prima volta è stato un supplizio, ma ormai l'avevo promesso.
Ma già al primo morso, sono stato conquistato dalla combinazione dei sapori: il dolce del caramello, l'agre dell'aceto e il sentore del peperone.

Se non li avete mai provati, vi consiglio di farlo, sono fantastici.

Ingredienti
  • 350 gr di peperoni verdi dolci, a cornetto sottile
  • 1/2 bicchiere d'olio
  • 1/2 bicchiere d'aceto
  • sale
  • 200 gr di zucchero
  • stecchini di legno lunghi
Preparazione dei peperoni

Io ho deciso di partire dai peperoni freschi, ma si può anche iniziare da quelli già messi a conservare in agrodolce.
Dopo aver lavato i peperoni, in una larga padella ho versato l'olio e l'aceto, nel quale avevo sciolto un cucchiaio di zucchero ed un po' di sale.
Ho messo poi anche i peperoni sgocciolati, ed ho iniziato la cottura a fuoco dolcissimo, in modo che i peperoni si ammorbidissero restando però ben integri, senza bruciarsi o spappolarsi.
Man mano che i peperoni erano pronti, li ho messi in un piatto fondo coprendoli con un altro piatto, in modo che finissero di ammorbidirsi e di assorbire il gusto dell'aceto.
Li ho lasciati così raffreddare, per poi asciugarli ben bene uno ad uno, ed infilarli negli stecchi: uno per stecco i grandi, due se erano piccoli.
Per praticità ho messo gli stecchi in dei vasetti, in modo da poterli poi raccoglierli durante la caramellatura.

Caramellatura

Per ottenere il caramello, ho messo su un pentolino basso, il restante zucchero a fuoco vivace, mescolandolo con un mestolo di legno.
Appena hanno iniziato a formarsi i primi grumi, segno che iniziava lo scioglimento, ho abbassato un pochino la fiamma; ho continuato a mescolare e ad abbassare la fiamma mano a mano che lo zucchero si scioglieva, fino a portarla al minimo (potete usare anche un frangifiamma per ridurlo ulteriormente) quando il caramello era pronto.
Il caramello mi pare debba essere pronto a 158°C, io non un termometro da forno, e quindi ho fatto a vista.
Per caramellare i peperoni mi sono servito del cucchiaio di legno, versando molto lentamente a filo il caramello sui peperoni girando lo stecco. In questo modo, mano a mano che il filo scende, diventa sempre più denso, e dopo un po' comincia a filare.
Sempre girando lo stecco si ottiene un divertente effetto a capelli d'angelo, bello anche da vedersi.
Per far raffreddare gli stecchi li mettevo, man mano che erano pronti, in dei vasi a mo' di fiori.

... e con il caramello avanzato ?

Per sapere cosa ne ho fatto, andate a leggere Post in Kitchen di fi0rdivanilla; anzi, visto che ci siete, contribuite anche voi con qualche vostro consiglio o tecnica di cucina.

venerdì 14 agosto 2009

Evviva il pesce

Scusate il post, tutt'altro che .... food(olo), senza ricette o consigli, ma avevo voglia di scriverlo, di liberare questo peso.

Da qualche mese ho finalmente scoperto il pesce: che saà mai, direte voi, ma per me è una conquista. Da buon "terricolo", figlio di terricoli, non ho mai avuto un buon rapporto nè con l'acqua nè con i suoi "abitanti".
Non ho mai amato particolarmente il pesce, quindi, ed ovviamente non ho mai saputo o voluto cucinarlo.

Viste le premesse, è chiaro che le poche volte che ho provato a cucinarlo, è sempre stato un disastro; e questo non faceva che confermare la mia avversione, come in un circolo vizioso.

Ma quest'estate ho deciso di cambiare, complice l'entusiasmo con cui il caro Vincenzo cerca di spiegarmi le delizie del pesce, condendo il tutto con saggi consigli su come sceglierlo e con aneddoti e proverbi della sua bellissima terra, la splendida Sicilia.

I primi esperimenti sono stati ovviamente disastrosi, ma stavolta non ho ceduto e... sono stato ripagato.
E la cosa più bella, per me, non è solo che riesco a scegliere, preparare e cucinare il pesce, ma che (forse proprio perchè ho fatto tutto questo) me lo gusto con gran piacere.

Anzi per certi versi mi da più fiducia della carne: come diceva la mamma di Vicenzo, io ed il pesce, prima dobbiamo piacerci, e poi lo prendo, perche se lo guardi nel modo giusto, il pesce sa... parlarti di se, specie se sono freschi e se sono stati trattati bene, o anche quanto poco freschi sono: ieri ho accettato di cuocere dei calamari, anche se sapevo che non erano freschissimi, ma comunque abbastanza freschi.
Mentre un pezzo o una fettina di carne, possono dire davvero poco, specie se il macellaio ci sa fare.

Quindi un grazie speciale a Vincenzo, a cui dedico questi piatti preparati ieri sera: calamari ripieni alla ligure ed alici gratinate al forno.



(scusate le pessime foto, ma non ho ancora approntato un set per le foto in notturna)



E poi grazie al pesce ho riscoperto anche il buon vino, che avevo da tempo abbandonato. Ovviamente, bevuto sempre con moderazione. Ieri serra, Tai Rosso dei Berici.





Unico problema, e qui concludo, mia moglie detesta il pesce, detesta l'odore che faccio quando lo cucino, e quel sentore che permea per qualche giorno (per quanto aceto usi per lavare stoviglie e piani). Forse dovrei provare a farglielo cucinare ;)

mercoledì 12 agosto 2009

Limoni in salamoia

Qualche giorno fa sono stato incuriosito da una rivista che non avevo mai notato prima in edicola "Buona Cucina".
La cosa che più mi ha conquistato è stato un articolo che cogliendo spunto dal film "Il giardino di Limoni" (che ovviamente mi sono subito andato a recuperare), parla dei limoni in salamoia, una preparazione usata in medio oriente e nord africa per accompagnare carne (stufata o arrosta), pesce ed per preparare delle olive condite.

Sopra vedete l'etichetta che ho usato riprendendo la locandina del film, e qui sotto la salamoia durante la preparazione. Purtroppo devo aspettare un mese perchè sia pronta, quindi saprò dire successivamente com'è.

Per ora mi godo la bellissima combinazione di colori delicatamente sfumati dal succo, andando ogni tanto a sbirciare il vaso.



Preprazione
(Per un vaso da litro)

Ho tagliato a fette di circa 1 cm 4 grossi limoni non trattati. Ho quindi riempito il vaso facendo strati con le fette*, cospargendo ogni strato con 1 cucchiaino di sale grosso, 1 foglia di alloro tagliata a listarelle, 1 peperoncino tagliato a rondelline, 5/6 grani di pepe, e quindi pressando leggermente lo strato.
Completato di riempire il vaso, ho ricoperto con il succo di 5 limoni** e sparso alla fine ancora sale, alloro, peperoncino e pepe.
Il vaso va agitato un pochino per rimuovere le bolle d'aria e lasciato a macerare in luogo fresco e buio per 30-40 giorni.

Utilizzo

Per usare la salamoia, estrarre le fette necessarie, togliere la polpa (va usata la sola buccia) e sciacquarle.

Note

* Io ho tagliato a fette, come nel film, i limoni. In altri siti ho visto che invece vengono usati limoni piccoli su cui vengono praticate 4 incisioni verticali, lasciando però collegati i quarti che si creano, messo il sale e gli aromi all'interno e messi a macerare quindi interi.
** Qui mi sono affidato alla ricetta di cui disponevo, ma nel film Salma, la protagonista, usava anche dell'acqua.

martedì 11 agosto 2009

Moussaka di pollo

Come dice Lydia in Tzaziki a colazione, e il blog e' spesso lo specchio del frigorifero di chi lo scrive"

sabato 1 agosto 2009

Branzino su piastra di sale

Fino a questa estate guardavo con diffidenza al pesce. Ho un cuore boschivo / montanaro, e non ho mai avuto un buon rapporto nè con il gusto del pesce (complice mia madre che lo detesta), nè con la sua cottura, che mai sono riuscito a sentire mia.
Dicevo che quest'estata l'ho riscoperto, ho cominciato a conoscerlo e riconoscerlo, entro in pescheria più volentieri, e quindi cerco anche di imparare a cuocerlo.

Sono stato subito colpito dal bellissimo post di Paoletta su Anice&Cannella che proponeva la cottura su piastra di sale dello chef sloveno Tomaz Kavcic

Affascinato dalla tecnica, ho subito provato con del pollo, con risultati fantastici: aromi eccezionali, crosticina croccante esterna e morbidezza interna.


Oggi, è toccato al branzino: ho addocchiato subito un piccoletto fresco freschissimo in pescheria, e ho pensato subito alla piastra di sale.
Adoro questa cottura: non richiede le temperature infernali della legna, difficili in estate, o la cottura troppo rapida della piastra. Così il pesce cucina lentamente, mantenendo tutto il suo sapore ed acquisendo quelli degli aromi.
Davvero eccezionale.

Grazie Paoletta per i tuoi post sempre bellissimi e fonte d'ispirazione.
Rimando al post di Paoletta ed al video apparso su Repubblica