
Adoro quando si presentano coincidenze che sembrano indicarmi una strada da seguire, qualcosa da fare.
Ed è quello che è successo qualche giorno, durante una gita con il mio piccolo tesoro sui monti del Grappa ad un Acropark.
Dopo le scatenate acrobazie, ci siamo rifugiati in una malga/agriturismo per rifocillarci e qui abbiamo trovato anche un piccolo Museo del Casaro.

Non potevo certo perdermelo, anche perchè in una piccolissima stanza era conservata oltre alla storia di un formaggio davvero speciale, il Morlacco del Grappa ed anche tutta la magia che i lavori del passato evocano.
E' un po' quella magia che spesso cerco quando faccio le cose in casa, che deriva dalla genuinità, dalla semplicità, dalla ricerca di soluzioni spesso fantasiose.
Ebbene, rivedendo gli attrezzi per la preparazione del Morlacco mi è tornato subito a mente quanto avevo sentito durante la festa del Morlacco, ad inizio agosto, ovvero che si fa da latte scremato, ed un articolo apparso sul numero di agosto-settembre di Sapori d'Italia, dove si spiegava come fare in casa il mascarpone.
C'era tutto quanto bastava per mettermi quel tarletto in testa che non mi avrebbe lasciato in pace fino a che non gli davo retta. E così ho preso del latte crudo, ho fatto la scrematura ed iniziato a fare il morlacco.
E con la panna della scrematura??? Bhe ovviamente ho fatto il mascarpone: buonissimo, specie se mangiato sul pane caldo con marmellata o l'insostituibile crema di nocciole.
Scrematura
Per ottenere la panna, ho messo la sera il latte (4 litri) in una pentola molto larga, coperta, in frigo.
Alla mattina, con un grosso cucchiaio, con molta delicatezza, ho rimosso la panna che si era raccolta in superfice.
Il diverso colore tra panna e latte aiuta a capire quando si sta rimuovendo la panna (più chiara) e quando si è arrivati al latte.
Mascarpone
Il mascarpone, non è un vero e proprio formaggio, ma in realtà panna cotta acidificata fino alla coagulazione, insomma una via di mezzo tra panna e burro.
Nella produzione industriale è tutto misurato, preciso, ed utilizza ovviamente soluzione tecnologiche, come l'acido citrico o il tartarico, e la panna... bhe quella spero sia panna, e non grassi raccolti dal siero come si fa per il burro.
Io ho voluto invece usare il vecchio sistema, quello de 'na volta: innanzitutto la panna è panna (sopra avete visto come si ricava dal latte), e per acidificare ho usato succo di limone (ma si potrebbe usare anche aceto bianco diluito).
Aggiunto alla panna un punta di zucchero (circa 1 gr/litro, ma un po' di più non fa male), che serve a renderlo poi lucido, si porta tutto a 90° circa, o se non si ha il termometro, fino quasi al primo bollore.
A questo punto si toglie dal fuoco, la si lascia riposare un minuto o due, e si aggiunge poco alla volta, succo di limone, poco alla volta, mescolando delitamente, fino a quando la panna comincia a cagliare. Ovvero fino a quando si vedono grumetti di panna che si separano dal siero.

Per dare un'idea della misura, io ho usato circa 3 siringhe da 0,5 ml (circa 1,5 ml alla fine), ma è meglio procedere versando goccia a goccia.
Questo metodo (goccia a goccia) è quello migliore, perchè consente di aggiungere la giusta quantità di succo, che varia a seconda della concentrazione del succo, dell'acidità della panna, della temperatura della panna....
Inoltre questo metodo consente un maggiore controllo sulla cremosità: bisogna aggiungere lentamente il succo e fermarsi appena coagula. Io l'ho aggiunto troppo velocemente ed è venuto un attimo troppo denso.

Quando è inziata la cagliata, si lascia riposare qualche minuto, senza mescolare, nella pentola. Si versa quindi il tutto su un colino, sul quale si è messo una tela di lino o cotone a maglia finissima. Si porta tutto in frigo per qualche ora fino a che termina lo spurgo del siero.
(Leggi anche la seconda versione nell'articolo sul Tirami sù al limone)
Et voilà: io l'ho proposto con la crema di nocciole, ma anche con una marmellata di fichi è fantastico.