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lunedì 26 aprile 2010

La disfida dei torresani

Torresani ... la disfida: T. al forno alla tauriliana

Quando sabato li ho visti dal macellaio non ho resistito: in un angolino, vicino alla cassa, vedo un cestino di torresani !!! Non potevo certo lasciarmi sfuggire un'occasione per tentare un piatto della tradizione, e per rievocare una disfida.

Ma cominciamo dall'inizio: per chi non li ha mai sentito nominare, i torresani sono i piccioni. Per l'esattezza, i piccioni che non hanno ancora preso il volo, quindi entro i 30 giorni dalla nascita, quando le carni sono ancora belle tenere ed il grasso che hanno accumulato li rendono perfetti per una cottura allo spiedo.

Il nome deriva dai torrioni, anticamente adibiti a torri di guardia e difesa, successivamente adibiti a residenza civile, dove venivano allevati.

Io, da buon vicentino (e da fedele lettore di A.Sandri e della sua Cucina Vicentina, ho sempre saputo che il torresano è un piatto tipico di Breganze, un paese della nostra provincia.

cucina vicentina


Quello che non sapevo, è che anche la vicina Torreglia, sui colli euganei, rivendica da sempre la paternità del nome torresani.

E siccome ogni occasione è buona per far accendere gli animi tra padovani e vicentini, ecco che negli anni '50 Toni "Ballota" dell'ominima trattoria di Torreglia porta la questione davanti al pretore.

Alla fine della causa, il verdetto riconobbe ad entrambi i paesi (Breganze e Torreglia) il diritto di paternità sul termine.

Di questa diattriba sono venuto a conoscenza a cottura ultimata, quando "con orrore e pentimento" mi son reso conto di aver preparato i rinomati piccioni non alla vicentina (arrostiti davanti al fuoco) ma alla tauriliana (al forno).

Per penitenza, provvederò quanto prima a prepararli come si conviene ad un vicentino doc :)
Sarà poi l'occasione per votare anche la miglior versione.

Ingredienti
Per due persone
  • due torresani (piccioni da nido, 30 giorni massimo) spennati, fiammeggiati ed eviscerati (tenere cuore e fegato)
  • 1 salsiccia
  • 3 rametti rosmarino
  • 5 foglie di salvia
  • 1 tuorlo
  • 1 fetta di pane raffermo
  • poco brodo
  • 4 fette di pancetta tesa
Preparazione
Se lo si desidera, cuocere fegati e cuori in poco burro e salvia ed aggiungerli al ripieno.
Il ripieno viene preparato macinando la salsiccia con gli aghi di un rametto di rosmarino, poca salvia, il pane bagnato nel brodo.
Quindi il tutto viene mescolato al tuorlo ed usato per riempire i piccioni. Chiuderli con ago e filo, fasciarli con 2 fette di pancetta e legarli con la spago.
Metterli a cuocere al forno (170-180 °C) in una teglia con poco olio, bagnandoli spesso con il loro stesso sugo, per 2 ore circa.
Devono risultare ben rosolati, e con la pelle croccante.

mercoledì 10 marzo 2010

Pasta e fagioli e... Chocolat

pasta e fagioli alla vicentina e... CHOCOLAT


Oggi mi va di chiacchierare, portate pazienza, se potete. Ma se non ne avete voglia, saltate direttamente alla ricetta, non me la prendo.

Il fatto che è ieri il tempo era strano davvero: o meglio era quel vento così forte, freddo ed irrequieto ad essere strano.

A ripensarci oggi, mi dispiace non averci dedicato il giusto tempo, di aver passato un po' di tempo a sentirlo, non solo sulla pelle e sul viso, ma anche ad ascoltarlo, a guardare la gente vi ci si dibatteva o a gustare le pause di calma per poi chiudere gli occhi quando riprendeva.

Avete presente, quelle cose che si fanno da bambini, o quando, uscendo da un periodo particolarmente negativo, non importa si sia trattato anche solo di un momento di disperazione, una notizia al telefono. Ma dopo quel momento, tutto diventa prezioso e niente va sprecato, nessun momento, nessun incontro.

Quei gesti di cui tendiamo a dimenticare, crescendo o tornando alla normalità, l'importanza e l'utilità; si proprio utilità, perchè trovo più utile sentire il vento che tante altre cose: direi almeno tutte quelle che sono "misurabili o valutabili", e qualche altra.

Comunque, stà di fatto che ieri era davvero... rabbioso il vento. Penetrava i vestiti fossero di carta, e ti entrava dentro; è stato quindi un piacere entrare dal fruttivendolo ieri sera, per ripararsi ed ispirarsi.
Penso che ormai vi sia chiaro che più che "programmare" un piatto, cerco in genere di lasciarmi sedurre dagli alimenti di cui dispongo o che trovo.

E così, al calduccio, mentre facevo scorrere lo sguardo su erbette, verze, radicchi, carciofi, i primi asparagi (no no, non sono di queste parti ancora), la frutta... fuori il vento urlava, quasi mi stesse aspettando, ringhiando fra i denti come avrebbe fatto un cane a cui avessi rubato l'osso.

E mentre il tepore riattivava i sensi, e cominciavo a vedere tutto quello che mi circondava con il gusto, avvertendone i sapori, li ho trovati, quasi nascosti in un cantuccio del frigo, bagnati e belli pronti per essere usati.
Sembrava che mi chiamassero, quei bei fagioli. "Perfetto", ho pensato, "un bel piatto caldo di pasta e fasoi", la pasta e fagioli, quella che qui da noi si fa con le lasagne fresche all'uovo, bella densa e profumata dalla cannella.

Così ho deciso, senza ripensamenti. Presi i fagioli, la cipolla, il sedano, niente pomodori, ho la conserva fatta in casa e le patate, bello carico di sapori e di buoni propositi mi rilancio nella tormenta.

E mentre mi avviavo verso casa, soddisfatto della scelta, decido di concedermi quei due minuti a sentire il vento.
E' stato con la sua irrequietezza, inconstante ma deciso, che mi ha fatto ricordato il vento del nord che spingeva Vianne a vagare con la piccola Anouk per paesaggi grigi, freddi e ventosi.

L'associazione con il film Chocolat è stata così forte che... che... dovevo celebrarla :D
Quindi mi sono concesso una piccola variazione alla classica pasta e fasoi alla vixentina, ovvero di aromatizzare le lasagne fresche all'uovo con del cacao. Un abbinamento davvero piacevole; anzi si sono combinati così bene che il cacao non solo non stonava, ma si amalgamava con il gusto del passato; la prossima volta azzardo ad aumentarne la dose.

pasta e fagioli alla vicentina e... CHOCOLAT

Ingredienti (per 6 persone, o 3 persone per due giorni)
  • 600 gr di fagioli di Lamon (o borlotti) bagnati
  • 500 gr di patate
  • 100 gr di passata di pomodoro, o 1 cucchiaio di concentrato
  • 1 costa di sedano
  • 1 cipolla media
  • 1 cucchiaino di cannella
  • dado vegetale
  • pepe
  • un ciuffo di prezzemolo
  • 6-8 foglie di salvia
  • lardo (facoltativo, io non l'ho usato)
  • una bella crosta di formaggio grana pulita (facoltativa ma consigliata)
  • olio evo
Ingredienti per le lasagne
  • 200 gr di farina
  • 2 uova
  • 2 cucchaini di cacao amaro
  • qualche ago di rosmarino fresco tritato finissimo
  • una bella presa di sale
Preparazione
Mettere in una capiente pentola i fagioli, le patate intere (o tagliate a grossi pezzi), il trito di cipolla, sedano, salvia, prezzemolo e lardo. Aromatizzate con il cucchiaino di cannella, aggiungete il pomodoro, e versate acqua fino a coprire abbondantemente tutto.
Aggiungete anche il dado vegetale (meglio se fatto in casa, come questo) e fate cuocere a fiamma dolce fino a quando i fagioli saranno ben cotti ma non disfatti (circa 1 ora, 1 ora e mezza), aggiungendo acqua se dovesse asciugare troppo.
Se l'avete, aggiungete dopo 1/2 ora anche la crosta del formaggio, che durante la cottura darà uno specialissimo aroma alla minestra.
Io non avevo tanto tempo e quindi ho optato per 20 minuti in pentola a pressione (mi perdonino i puristi).
Togliere patate e fagioli, e messi da parte 1/3 di quest'ultimi, tritare tutto il resto con il passa verdure. Rimettere passato e fagioli nella pentola con il brodo di cottura e far cuocere ancora 15 minuti.
Intanto preparare le lasagne impastando gli ingredienti fino ad ottenere un impasto sodo ed elastico.
Far riposare qualche minuto coperto da un canovaccio e tirare (con il mattarello) molto sottile.
Dopo qualche altro minuto di riposo coperto, tagliare le lasagne larghe 1 cm e lunghe al massimo 20 cm.
Aggiungere la pasta al passato, avendo cura che non sia troppo asciutto (la pasta assorbirà liquido durante la cottura), e mescolare continuamente (altrimenti la pasta scenderà e si attaccherà al fondo della pentola).
Appena la pasta è cotta impiattarla, e mettere in ogni piatto un pezzetto di crosta di formaggio. Far riposare un pochino prima di servire, in modo che se infissa e fasa la peesina (diventi densa e faccia la pellicina superficiale).

Buona calda, buonissima tiepieda, fantastica il giorno dopo.

lunedì 8 febbraio 2010

Crostoli e zabaglione al recioto di Gambellara

crostoli e zabaglione al recioto di gambellara

Era da natale che una bella bottiglia di Recioto di Gambellara mi girava per casa, in attesa di trovare un dolce che la volesse accompagnare.

Il Recioto è un vino davvero speciale, prodotto con cura ed attenzione. Si ottiene da uva Garganega, mettendo le "recie" dei grappoli migliori ad appassire sospese, legate ai picai. A dicembre vengono pigiate ed il mosto fatto fermentare fino a primavera.

Quando oggi ho trovato in edicola un'inserto del Corriere del Veneto sui nostri vini e sul loro uso in cucina non me lo sono fatto scappare.
Dopo essermi letto le pagine dedicate a questo "oro" di Vicenza, mi son detto: "non vorrai lasciarlo li fino a quando diventa cattivo" !

Ho ripreso una ricetta proposta per realizzare uno zabaglione al Recioto. Anche i crostoli sono stati preparati usando, al posto di latte e grappa, questo pregiato vino.

Inutile dire che la bottiglia l'abbiamo finita per innaffiare i crostoli cosparsi dello zabaglione. Se bisogna farsi del male, tanto vale soffrire fino in fondo :D


crostoli e zabaglione al recioto di gambellara


Crostoli al Recioto
  • 1 uovo
  • 50 gr di zucchero
  • 25 gr di burro fuso
  • 1 bustina di vanillina
  • 50 gr di Recioto
  • 270 gr di farina
  • 1 pizzico di sale
Lavorare l'uovo con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungere il burro fuso (e tiepido) a filo. Incorporare quindi il Recioto e tutte le polveri.
Lavorare almeno 15-20 minuti, ottenendo un impasto liscio.
Tirare con il mattarello sottilissimo, tagliare a rombi o rettangoli con la rotella dentata e far bollire nell'olio di semi non troppo caldo.
Mettere ad asciugare su carta assorbente e cospargere, ancora caldi, con lo zucchero

Zabaglione al Recioto
  • 2 tuorli
  • 4 cucchiai di zucchero (60 gr)
  • 1 bicchierino di Recioto.
Lavorare i tuorli con lo zucchero fino ad avere un impasto spumoso. Aggiugere a filo il Recioto e quindi cuocere a bagno maria, senza far mai bollire, fino a quando si addensa.

Servire freddo o caldo a seconda dei gusti.

venerdì 8 gennaio 2010

Pizzoccheri

pizzoccheri

Con il freddo ci sono piatti che amo più degli altri. I pizzoccheri sono fra questi, ma hanno un posto speciale tra i miei preferiti.

Penso sia in parte dovuto al fatto che è uno dei primi piatti che ho scoperto quando sono uscito di casa; a dire il vero, quando ho preso casa per conto mio, ho scoperto una marea di piatti, di cucine più o meno esotiche, di tecniche.

Piuttosto ovvio, visto che fino ad allora non avevo mai potuto cucinare: "Combini un sacco di disastri" era l'idea di mia madre (nemmeno tanto sbagliata, in fondo).

Quindi cominciando a girare per i supermercati, una delle prime "novità" che ho scoperto sono stati i pizzoccheri, ed è stato subito amore.

Questa sera però l'idea era un'altra: dal macellaio avevo preso un bellissimo stinco di maiale (sarà uno dei prossimi post), ma poi il mal di testa mi ha impedito di mettermi a cucinare; quando mi sono ripreso ho visto mia moglie che stava preparando le verze, ed ho avuto un flash.

pizzoccheri

PIZZOCCHERI .... Mi è tornato a mente di avere un pacco di farina di grano saraceno, e così mi son lanciato. Devo dire che, oltre ad essere facili da preparare, sono stati decisamente più buoni di quelli che di solito acquisto: forse per la qualità della farina, o forse perchè ho regolato a piacere lo spessore della sfoglia.

Insomma vi consiglio questo piatto che oltre ad essere stagionale e gustoso, è anche molto veloce da preparare: tutto pronto in 35-40 minuti.

p.s.: non mi sono scordato di pubblicare le ricette di capodanno, le metterò nel prossimo post.


Ingredienti (per due persone)
  • 80 gr di farina di grano saraceno
  • 20 gr di farina di grano tenero 00
  • 1 tuorlo
  • sale
  • 1/4 di verza (di media grandezza)
  • 1 patata (grande)
  • 100 gr di formaggio fontina (io ho usato fontal)
  • 50 gr di burro
  • 1/2 cipolla piccola
  • 1 spicchio d'aglio
Preparazione
Mettere a bollire l'acqua salata.
Intanto mondare la verza delle foglie più esterne, eliminare il torsolo e le nervature più grosse, tagliarle a listoni.
Sbucciare la patata e tagliarla a dadini.
Aggiungere patata e verza all'acqua appena prende il bollore e far cuocere per 20 minuti.
Intanto mescolare le farine, fare la fontana ed aggiungere il tuorlo ed il sale. Impastare aggiungendo l'acqua necessaria ad ottenere un composto omogeneo. Lasciar riposare qualche minuto, quindi tirare una sfoglia abbastanza sottile da cui ricavare delle listarelle da 1x7 cm circa.
Tagliare la cipolla ad anelli e metterla a rosolare dolcemente con l'aglio nel burro. Appena inizia a colorare spegnere e mettere da parte.
Tagliare a fettine anche il formaggio e metterlo da parte.
Nel frattempo mettere a cuocere con le verze e le patate anche i pizzoccheri per 5 minuti, mescolando di tanto in tanto.
Scolare pizzoccheri e verdure e disporlo nei piatti facendo strati di pasta, formaggio e del burro aromatizzato.

Mangiare ben caldi.

mercoledì 11 novembre 2009

La fregolotta

fregolotta

Forse non stà bene riproporre una ricetta appena presentata in un altro blog, ma appena ho visto la ricetta della Fregolotta pubblicata da Mara (Pan di Panna), non ho saputo resistere.

Son subito andato a far scorta di burro, farina, zucchero... e ieri sera mi son lanciato: questa è la piccolina, quella di assaggio.
Le altre grandi sono oggi in ufficio, in balia di pugni e "pacche" per romperle e mugolii vari all'assaggio. Perché questo dolce così semplice da sembrar quasi banale (poco più di una frolla abbrustolita) sa sempre conquistare; poi da noi la si mangia da sempre, a chiusura dei pranzi più informali (e quindi più sinceri e piacevoli), accompagnandolo, o meglio "pociandolo" in un buon vino dolce; oppure nelle "merende" invernali, accompagnato anche da the o cioccolata.

Metto la ricetta, giusto perchè ho fatto qualche variazione rispetto a Mara, ma vi invito a leggere il suo post dove viene descritta anche un la bella storia di questo dolce.

Ingredienti
Per una teglia da 26 cm
  • 200 gr di farina 0 (ideale il tipo debole o biscotto)
  • 120 gr di burro morbido
  • 120 gr di zucchero
  • 120 gr di mandorle
  • 2 tuorli d'uovo
  • 1 bustina vanillina
  • 2 pizzichi di sale
  • la buccia grattugiata di mezzo limone
  • essenza di mandorle (facoltativa)
Preparazione
Tritare grossolanamente le mandorle, oppure frullarle, ma in questo caso aggiungere un paio di cucchiai di zucchero per evitare che s'impacchino.
Setacciare la farina e mescolarla allo zucchero, mandorle e limone.
Fare la fontana e versarvi i tuorli sui quali aggiungere il sale, la vanillina e l'essenza; il sale deve essere aggiunto ad un liquido per sciogliersi, quindi mescolarlo all'uovo, non alla farina.
Lavorare il tutto strofinando fra le mani il composto formando delle "fregole" (delle bricciole).
In una teglia foderata di carta forno, formare uno strato di circa 1,5/2 cm, pressando un pochino con le mani.
Infornare a 180°C fino a doratura (circa 30 minuti). Qualche minuto prima di sfornare, cospargere la superfice con dello zucchero semolato.

Aspettare che raffreddi prima di togliere dallo stampo.
Mangiarla accompagnata da un buon vino dolce (Torcolato, Moscato, ...), lasciando che ogni commensale si serva "spaccando" con le mani la propria fetta.

domenica 1 novembre 2009

Mostarda Vicentina e Asiago Stravecchio DOP

mostarda vicentina


Quando Morena ha pubblicato la sua ricetta della Gelatina di Cotogne, mi è scattata una molla: son andato dal mio fruttivendolo per ordinargli subito delle mele cotogne.

A dir il vero inizialmente avevo pensato a dei bei quadrati di cotognata, ma poi mi è venuta a mente la mostarda vicentina (prodotto che ha ottenuto il De.Co. dal Comune di Montecchio Maggiore).
Da noi la mostarda, specie a natale, è immancabile accompagnamento di lessi e bolliti, ma anche abbinata al mascarpone. Io però la trovo fantastica anche con una buona fettina di Asiago Stravecchio Dop (con almeno 24 mesi di invecchiamento).

Solo che la mostarda... non conoscevo nessuno che l'avesse fatta, quindi ho cercato un po' in giro ed ho trovato una serie di ricette a cui mi son ispirato. C'erano cose talvolta diverse nelle varie versioni, ma poi ho trovato da me il gusto che cercavo.

Con questo post vorrei partecipare anche al contest di Genny in collaborazione con la Compagnia del Cavatappi


Il post in realtà parla della mostarda e non del vero prodotto dop, l'Asiago d'allevo dop. Il fatto è che spesso abbiamo dei veri tesori in casa, quasi senza rendercene conto: io per esempio non me ci faccio caso, ma se vado a comprare del formaggio, potrò anche comprare del pecorino, o qualche formaggio "foresto" (straniero), ma alla fine vengo sempre a casa con anche un bel pezzo di formaggio Asiago.
Si insomma, un po' come quando dico che mangiare senza pane... è quasi come non mangiare ;)
Ecco perchè trovo pregevole questo contest: perchè spesso non parliamo nemmeno delle specialità di casa, perchè le diamo quasi per scontate, e non facendole conoscere finisce che si disperdono, e con esse le nostre tradizioni.


Preparazione
  • 850 gr di polpa di mele cotogne
  • 700 gr di zucchero
  • 1 spicchio d'aglio schiacciato
  • essenza di senape q.b.
  • frutta candita mista q.b.
  • poco vino/aceto (facoltativo)
  • 400 gr polpa di mela e/o di pera (facoltativo)
Cuocere la polpa delle mele cotogne a vapore. Se si decide di usare anche mele e pere (per "addolcire" il gusto forte della mostarda) cucinare ogni frutto separatamente.
Io ho usato la pentola a pressione, e son bastati meno di 15 minuti.
Passare al setaccio con i fori larghi le cotogne (ed altra frutta), e mettere a cuocere con pari peso di zucchero per 40 minuti.
Aggiungere quindi lo spicchio d'aglio e l'essenza di senape ed i canditi nella quantità desiderata. Si tenga presente che l'essenza va testata, secondo me, aggiungendone poca alla volta per evitare un gusto troppo intenso e piccante.
Io non ho trovato l'essenza, e quindi ho ripiegato sulla senape in polvere, che ha però lo svantaggio di un leggero retrogusto amaro.

Il risultato finale non è proprio quello della mitica mostarda Boschetti (codificata fin dal 1918), ma comunque apprezzabilissima con del buon Asiago Stravecchio.

mercoledì 28 ottobre 2009

Pastisada de caval

pastisada de caval

So che a vederlo direte: "... il solito spezzatino". Ed invece no!!!
Purtroppo la mia foto non può rendere giustizia ad un piatto così ricco di storia, che richiede così tante attenzioni e che sa ricambiare con un sapore ed una delicatezza indescrivibile. Uno di quei piatti da far pippare piano piano, letteralmente per giorni, sulla stufa. Se poi aggiungo che a questo piatto si legano i ricordi di un carissimo amico ristoratore, scomparso da tempo, capirete quanto amo questa delizia.

Cominciamo dall'inizio, ovvero la storia: si tratta di un antico piatto della tradizione veronese risalente alla battaglia del settembre 489, quando a San Martino Buon Albergo (Verona) si affrontarono gli eserciti di Teodorico, re degli ostrogoti, e di Odoacre, re degli Eruli. Dalla sanguinosa battaglia uscì vincitore Teodorico, mentre migliaia di uomini e cavalli restarono sul campo di battaglia.
E per assurdo, mentre la popolazione era ridotta quasi alla fame, tutto quella carne di cavallo imputridiva, ma una regola ecclesiastica vietava di mangiarla.
Fu allora Teodorico a superare tale vincolo, consentendo alla popolazione di mangiare carne di cavallo.
Per ovviare all'odore della carne che iniziava a frollare, venne cotta dopo una lunga macerazione in vino ed odori, per molte ore. Ed ogni volta che veniva ricotta, ne guadagnava in gusto e morbidezza.

Questo racconta un pochino anche come va preparato il piatto: uno o due giorni di marinatura nel vino ed odori (un vino di corpo, rosso). Poi una cottura in più giorni, almeno 3 cotture (1 al giorno) da 3 ore ciascuna. Alla fine, il piatto si presenta con un sugo denso e gustosissimo, e la carne è morbida, friabile, si scioglie letteralmente in bocca.

Vi dico solo che, nonostante il raffreddore "da cavallo", di quelli che ti fanno passare la voglia di tutto, appetito compreso, ieri mia moglie ha fatto anche il bis.

Prima della ricetta, un ringraziamento ed un abbraccio grandissimo a Mario, che mi ha fatto scoprire ed amare questo (ed altri) piatti. Grazie Mario.

Marinatura
  • 1 Kg di polpa di cavallo: vista la lunga cottura, meglio muscolo, sotto spalla o guanciale
  • 1 litro di vino rosso di corpo (cabernet, anche invecchiato, valpollicella, ...)
  • odori: chiodi di garofano, alloro, salvia, aglio
Mettere la carne intera o a pezzi a marinare, ben coperta, per almeno 24 ore, meglio 48.

1a Cottura
  • 1 kg di cipolla
  • 2 coste di sedano
  • 2 carote
  • 40 gr di burro
  • 80 gr di lardo (o burro)
  • olio evo
In un coccio o pentola a fondo spesso fondere in poco olio il burro ed il lardo, rosolare la carne scolata dalla marinatura su ogni lato, aggiungere le verdure tagliate a piccoli tocchetti e quindi aggiungere il vino della marinatura filtrato.
Cuocere dolcemente, coperto per almeno 3 ore mescolando di tanto in tanto: ideale è cuocere sulla stufa, dove il piatto può "pippare" piano piano.
Al termine della prima cottura ho passato le verdure al passaverdure con i fori larghi, in modo che il sugo diventi poi più denso. Far raffreddare e mettere in frigo.

2a e 3a cottura

Il giorno dopo riprendere la cottura facendo nuovamente cuocere a fuoco dolce, per altre tre ore, sempre coperto, mescolando di tanto in tanto.


Servire accompagnando da polenta abbrustolita (e pane morbido per pucciare) e dallo stesso vino usato per la marinatura.
Se, e sottolineo se, vi avanza del sugo, diventa un eccellente condimento per delle lasagne all'uovo.

martedì 13 ottobre 2009

Risi e latte

Risi e latte

Tutto è cominciato quando un mesetto fa ho visto sul blog di Paoletta la ricetta di Valentina, una sua lettrice: la torta di riso di nonna Giulia.

Mi è subito tornato a mente quando mia mamma mi racconta che da piccola andava matta per Risi e latte. La cosa strana è che mi ha parlato tante volte di questo piatto, ma non ricordo me l'abbia mai preparato. Mah...

Ed anche ieri sera, mentre preparavo la Torta di riso e latte (buonissima, vi posto la foto, tanto per invogliarvi a provarla), pensavo ai Risi e latte. Ho chiamato mia mamma, ma pareva non ricordasse bene la ricetta.

torta riso e latte: corr.colore

Sarebbe finita lì, se non fosse che quando stamattina ho portato la torta in ufficio subito una collega mi ha raccontato di come prepara la minestra di Risi e latte (non ho ancora capito se le colleghe si arrabbiano perchè attento alla loro linea o son contente di queste colazioni "alternative").

Segnata e rifatta subito. Ho poi scoperto che è praticamente identica alla versione di Virginia (benedetto Google).

Preparazione
A persona
  • 1/2 bicchiere di riso
  • 1/2 bicchiere di acqua
  • 1 bicchiere di latte
  • 1 pizzico di sale

  • una noce di burro
  • un cucchiaio di grana
Cuocere il riso nella miscela di latte ed acqua con poco sale, avendo cura di non far assorbire tutto il riso. Deve infatti essere a metà fra cremoso e liquido. Se si asciugasse troppo, aggiungere poco alla volta del latte.
In questo modo, aggiungendo burro e grana, e lasciando riposare qualche minuto, il composto assume una consistenza cremosa e morbida, non impaccando, cosa che lo renderebbe un po' stopposo.

Se vi piace (a me moltissimo) vi consiglio di provare l'aggiunta di una spolverata leggerissima di cannella.

domenica 11 ottobre 2009

Fegato alla vicentina

fegato alla vicentina

Ho già parlato più volte di quel libro di Amedeo Sandri sulla cucina vicentina, a me tanto caro, quindi non mi dilungo a parlarne, ma vi riporto invece un piccolo brano:

I vicentini i xè sempre stà maestri nel cusinare el figà, cioè come tutti i veneti in genere ed in particolar modo i veneziani. Si può dire che ormai il fegato alla veneziana è conosciuto non solo in tutta la nostra penisola, ma anche oltre confine; non è così per quello alla vicentina, che si discosta di pochissimo dal precedente. [...] Il Leonardi [n.d.blogger: Francesco Leonardi, cuoco di origine romana, lavorò per un Richelieu e Luigi XV, per il generale Schouvaloff e per l' imperatrice Caterina II di Russia] lo riporta nel suo "Apicio Moderno" già nel 1790, per cui è da credere che questo piatto fosse preparato già da tempo nelle varie mense locali.


Come Sandri fa notare, anticamente nel fegato alla veneziana si aggiungeva un po' d'aceto, aggiunta ora quasi ovunque trascurata, mentre nel fegato alla vicentina, l'aceto veniva sostituito da un vino bianco, secco o amabile, al limite appena qualche srpuzzo di limone a fine cottura; altra differenza, non viene fatto uso del pepe.
L'indispensabile per la preparazione è che il fegato sia veramente di vitello da latte e quindi bianco e teneressimo, tagliato a fettine sottili e privato della pellicina che lo riveste, in modo che non si arrici durante la cottura. Meglio fare da se, specie se dal macellaio c'è un sacco di gente e lui ha fretta.

A me piace davvero un mondo il fegato, ed anche se lo devo sempre preparare per me solo, ne faccio un po' in più di una porzione.
Quello che avanzo lo consumo il giorno dopo sulla pasta, nel risotto, oppure sminuzzato o frullato su dei crostini di polenta o di pane (come nella foto). In quest'ultimo caso meglio non abbrustolirli troppo, così assorbono tutto il sugo di cottura che ci si versa sopra.


Preparazione

Tagliare a fettine sottili il fegato di vitello dopo averlo privato della pellicina bianca che lo ricopre.
Tagliare a velo abbondante cipolla bianca dolce, farla appena passare nell'olio, a fuoco basso, giusto fino a farla diventare trasparente.
Aggiungere la carne e continuare la cottura per qualche minuto, sempre a fuoco bassissimo, fino a farla colorire.
Bagnare con con il vino bianco ed aggiungere sale ed un po' di prezzemolo. Per il vino io ho scelto un vino sapido e acidulo, il Garganego, in grado di tener testa al sapore del fegato, ma m'incuriosisce la proposta di Sandri di usare un vino dolce, che porterebbe ad esaltare la vena di dolce presente in questa carne.
Alzare un poco la fiamma ed appena il vino sfuma, servire ancora caldo.
Accompagnare con delle piccole fettine di polenta abbrustolite.

sabato 10 ottobre 2009

La Pu....

La pu....

Scusate se non lo metto proprio nel titolo, ma il nome di questo classico della nostra cucina popolare a casa mia si troncava per ... decenza.

Invece la Putana è così buona che le si può perdonare il nome, che a dire il vero non ho mai capito perchè si sia meritato.
Nel mitico La Cucina Vicentina (già citato nel post sulla Mosa), Amedeo Sandri usa questo nome anche per la Torta di pane e latte (Putana Gentile), proposta recentemente da Sweetcook, o per la Crostata di Mele (Putana coi pomi).

La pu....

La versione originale viene essere oggi arricchita con tante piccole dolcezze, che a noi sembrano poca cosa, ma una volta...
Quando oggi stavo per prepararla è arrivata mia mamma, così, mentre mi dava una mano a tener mescolato, che non no' a fassa grumi, mi ha ricordato che nella pu.... della Nonna Betta, c'era solo poco zucchero (che costava), tanti pomi, ed il latte, sempre poco, si tagliava a metà con l'acqua (almeno chi non aveva bestie in casa).
Aggiungo io, che magari mia mamma non lo ricorda, ma forse un pò di strutto veniva aggiunto giusto per dargli più sostanza e gusto.

Anche la cottura cambia, una volta si cuoceva poco la polenta (cucinare voleva dire legna, e quella serviva anche a scaldarsi) ed invece veniva allungata la cottura nel forno, che 'sti anni veniva fatta in un testo coperto, o in un coccio, sotto la cenere e le braci.

Comunque sia, ieri ed oggi, questo semplice dolce è davvero buonissimo, facile ed alla portata di tutti.

Con questo dolce ho deciso di partecipare per la prima volta ad un concorso: si tratta di Sunday Morning, proposto su Juls' Kitchen grazie alla sponsorizzazione di Macchine Alimentari.


Mi è piaciuta molto la presentazione di Giulia, e questo dolce, adesso come quando ero bambino, è una delle cose che, se trovo in cucina la mattina, ad aspettarmi nella teglia sotto il tovagliolo, trasformano qualunque giorno in una festa.

Ingredienti
  • 1 litro di latte
  • 200 gr di farina gialla (circa)
  • 150 gr di strutto (o burro)
  • 150 gr di zucchero
  • 8 fichi secchi
  • 100 gr di uvetta
  • 1 mela gialla
  • 8 noci
  • poco lievito
  • grappa
  • burro e pangrattato per ungere la teglia
Preparazione

Mettete a bagno i fichi secchi con l'uvetta lavata in poca acqua tiepida e grappa. Sbucciate e tagliate a tocchi le mele. Aprite le noci e fate a pezzettini i gherigli.
Far raggiungere il bollore al latte, quindi aggiungere a pioggia tanta farina quanta necessaria a formare una polentina piuttosto molle.
Tenendo sempre mescolato per evitare grumi, cuocete 15 minuti. Aggiungete quindi lo strutto (o il burro), l'uvetta scolata, le mele, i fichi fatti a pezzetti e le noci spezzettate.
Cuocete ancora per altri 15-20 minuti e, solo alla fine, aggiungete un bicchierino di grappa ed il lievito.
Versate il tutto in una teglia (meglio sarebbe uno stampo di rame) precedente imburra e cosparsa di pan grattato. Livellare ed infornare a 190° per 45-60 minuti, fino a che si forma una bella crosticina.
Lasciarla intiepidere prima di tagliarla e servirla.
Il giorno dopo, secondo me, da il massimo di se stessa.

mercoledì 7 ottobre 2009

Anch'io ho.... schiacciato

Scusate se riprendo il tormentone televisivo, ma dopo averla vista preparare da così tanti food bloggers (Paoletta, Elga, Milla, Carolina, ... solo per citarne qualcuna) e visto che il frigo continua a riempirsi d'uva, mi son deciso anch'io a realizzare una Schiacciata all'uva.

schiacciata_con_uva_1

Avevo un po' di uva fragola ed un po' di uva garganega, quindi mi son detto, se non basta una usiamole entrambe ;)

Ovviamente il mio cucciolo non si è tirato indietro, e si è subito offerto di aiutarmi a mettere l'uva.
Tutto filava liscio fino a quando, dopo aver completato l'interno, ha deciso che la copertura doveva essere "una perfetta opera d'arte". Quando ho cercato di fargli capire che era già da tempo passata l'ora di andare a letto, e che se non si spicciava a comporre le faccine (davvero artistiche l'ammetto) la schiacciata avrebbe ripreso a lievitare.... apriti cielo.
Meno male che tutto passa in fretta, e quando oggi ha visto le foto che stavo pubblicando abbiamo fatto subito la pace.

schiacciata_con_uva_2

Temevo di averne fatta troppa, ed invece i colleghi stamattina sono stati felicissimi di aiutarmi a finirla...

La ricetta è quella classica, io ho fatto comunque un mix, per adattarla a tempi e alimenti disponibili.

Ingredienti
  • 300 gr farina manitoba
  • 300 gr farina 00
  • 25 gr lievito di birra
  • acqua q.b. (350 gr circa)
  • 1 cucchiano di sale
  • 3 + 6 cucchiai di zucchero
  • 3 cucchiai di olio evo
  • 3 grappoli di uva fragola
  • 3 grappoli uva garganega
  • 1 cucchiaino di semi d'anice
Mentre il lievito si scioglie in poca acqua tiepida zuccherata, setacciare le farine e formare la fontana in una capiente ciotola. Appena l'acqua con il lievito inizierà a fare la schiumina (10 minuti) versarla nella fontana, iniziare ad aggiungere l'acqua e lavorando aggiungere 4 cucchiai di zucchero, l'olio e verso la fine il sale.
L'impasto deve risultare umido e molto morbido, ed inevitabilmente un po' appiccicoso. Rovesciare sulla spianatoia e lavorare, aiutandosi con pochissima farina, per 10 minuti.
Far lievitare l'impasto in una ciotola coperta per 60-90 minuti, fino a quando sarà quasi triplicato di volume.
Rovesciare nuovamente nella spianatoia, dividerlo in due parti (1/3 una e 2/3 l'altra) e praticare per ogni parte un paio di volte le pieghe di tipo 1 proposte da Adriano.
Rimettere a riposare coperto ogni pezzo per 20 minuti, mentre il forno si scalda fino a 180-190°C.
Trascorsi i 20 minuti, ungere una capiente teglia con olio, tirare l'impasto più grande e foderare la teglia, compresi i bordi. Versare buona parte dell'uva, tenendo da parte quanto serve per decorare, e coprire con 3 cucchiai di zucchero.
Tirare l'impasto più piccolo e metterla sull'uva, richiudendo i bordi della prima sfoglia sulla seconda.
Usare la rimanente uva, 3 cucchiai di zucchero ed i semi d'anice per decorare. Infornare per 45-60 minuti, fino a cottura della superfice.
Prestare attenzione sia al fondo che alla superfice della schiacciata che non devono seccarsi.
Aspettare che raffreddi per tagliarla e servirla.

domenica 4 ottobre 2009

Bigoli con l'anitra

Oggi è la Festa del Rosario, e come da tradizione da noi si mangia l'Anitra.

La tradizione vuole che l'anatra, tolto cuore e fegato, venga lessata con le sue interiora. Una volta cotta, le interiora vengono usate con cuore e fegato per preparare il sugo che condirà i Bigoi co' l'arna (lessati nel brodo di cottura) a cui viene fatta seguire l'anatra lessa.

bigoli con l'anatra

Oggi per trovare un'anatra intera, non eviscerata, bisogna conoscere qualche contadino. Per tutti gli altri, si può ricorrere ad un macinato d'anatra con cui preparare il classico ragù.

Il macellaio però ieri aveva finito il macinato, ho quindi optato per un'anatra intera, di cui ho usato i petti, sfilettati e macinati a mano, per condire i Bigoi.

La restante anitra, immaginando che il lesso non sarebbe stato apprezzato per la sua grassezza, l'ho preparata al forno con le patate.

anatra al melograno

Giusto per smorzare il tono del grasso, e richiamare la stagione, ho scelto di bagnare la carne sia nella marinatura che durante la cottura, con succo di melograno. Anche se leggero, il sapore del melograno ha dato un tocco molto gradevole.

Bigoli con l'anitra
  • 4 etti di bigoli freschi
  • Petto d'anatra
  • Fegatini di pollo (facoltativi)
  • 1 carota
  • 1 cipolla grossa
  • 1 costina di sedano (se gradita)
  • 3 grani di ginepro
  • 3 foglie di salvia
  • olio evo
  • 30 gr di burro
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 3-5 dl di brodo (1 cipollina, 1/2 carota, 2 chiodi di garofano, sale, 1/2 foglia di alloro, 1 ciuffo di prezzemolo)
Sfilettare e macinare a mano il petto, aggiungendo anche qualche pezzetto di grasso macinato.
Con le ossa (ed eventualmente le zampe ed il collo) preparare 1/2 litro di brodo, aggiungendo 1 cipollina in cui infilare 2 chiodi di garofano, sale, 1/2 foglia di alloro, 1 ciuffo di prezzemolo.
Preparare intanto un trito fino con la cipolla, carota, sedano e far appassire con abbondante olio evo e burro.
Aggiungere la carne mescolandola in modo che prenda colore. A questo punto aggiungere i fegatini (se li gradite, ma ve li consiglio), il vino, la salvia ed il ginepro e fare asciugare piano piano.
Bagnare con poco brodo alla volta e continuare la cottura coperta a fuoco moderato.
Versare il restante brodo nell'acqua di cottura della pasta e cuocere i bigoli. Servire con abbondante condimento.

sabato 3 ottobre 2009

I Sugoli

sugoli

Avevo già preparato questo dolce tempo fa, ma quando ieri tornando a casa mio cognato mi ha portato una bottiglia di mosto che ancora stava bollendo ho subito tirato fuori gli appunti e via...

mosto
E' un dolce contadino, veneto ed emiliano, tipico del periodo della vendemmia. Nel suo blog Susy propone i "suoi sugoli", giustamente riadattati al suo gusto.
Io ho voluto riutilizzare la ricetta più classica: in un modo o nell'altro, son sempre una delizia.
Vi invito a leggere anche i commenti a questo articolo, dove viene dipinta una bellissima cartolina con i ricordi dei bambini (ormai adulti) che scendevano di casa con le scodelle e le 10 lire quando nelle calle chioggiote arrivava la Maria della Frutta gridando "sugoli, sugoli caldi...".


Preparazione

  • 1 litro di mosto
  • 4/8 cucchiai di farina
  • 3/4 cucchiai di zucchero
  • 1 limone
  • 1 stecca di cannella
In una tazza versare a filo poco mosto con 1-2 cucchiai di farina e 1 cucchiaio scarso di zucchero per ogni 1/4 di litro di mosto, ottenendo una crema liquida senza grumi che metterete da parte.
Se volete alla fine ottenere una gelatina, usate 2 cucchiai per 1/4 di litro, io ho usato 1 cucchiaio, ottenendo una crema densa, dove in compenso non si sentiva il gusto di farina.
Far raggiungere il bollore al mosto con la cannella in stecca e la buccia di limone grattuggiata.
Togliere la stecca di cannella ed aggiungere a filo la crema tenuta da parte mescolando con la frusta per evitare sempre i grumi.
Far bollire 5/10 minuti, mescolando ogni tanto; versare nelle coppette e lasciare raffreddare in frigo qualche ora.
Servire spolverizzando con cacao amaro o se siete golosi come me, con panna fresca appena montata.

mercoledì 30 settembre 2009

Zaleti e Brodo di Giuggiole

zaleti e brodo di giuggiole

Sono anni che dall'albero di giuggiole che abbiamo in giardino, mi limito a cogliere qualche frutto da consumare al naturale.
Ma dopo il post di Furfecchia sulle Giuggiole, ho aspettato con ansia che anche il nostro giuggiolaro cominciasse a dare i suoi frutti per provare qualcosa.

Il primo esperimento è stato ovviamente il famoso "Brodo di Giuggiole": devo dire che è davvero dolce dolce, ed il detto calza a pennello. Non è poi liquoroso, se preparato secondo la ricetta proposta da EcoLibri nella raccolta "Torte, crostate, dolci, dolcetti e biscotti" della collana "Lassù dove l'aria è fresca", quindi adatto a tutti.
Il poco alcool aggiunto con il vino, evapora prima di finire la cottura, quindi resta solo... il dolce.

zaleti

Mi chiedevo poi con cosa poter accompagnare qualcosa di così zuccherino, ed affidandomi alla tradizione, ho scelto i Zaleti, biscottini friabili a base di farina di mais che di solito si accompagnano a vini molto dolci come il Torcolato di Breganze o il Recioto di Gambellara.


Preparazione Brodo di Giuggiole
  • 500 gr di giuggiole
  • 500 gr di acqua
  • 500 gr di zucchero
  • 500 gr di vino bianco (dolce)
  • 1 limone
  • 1 mela cotogna
  • 200 gr di uva bianca dolce
Togliere dalle giuggiole l'osso centrale e metterle a cuocere a fuoco bassissimo con acqua e zucchero per un'ora, coperto.
Aggiungere quindi la mela a fette finissime, la scorza del limone e l'uva, aggiungendo poco alla volta il vino (che così andrà a sostituirsi all'acqua).
Quando il sugo si andrà restringendo, quasi gelificando, togliere dal fuoco e filtrare.
Far raffreddare prima di servire.

Preparazione Zaleti
  • 150 gr di fioretto (farina gialla macinata fine)
  • 150 gr di farina "00" di grano tenero
  • 2 grosse uova
  • 1 pizzico di sale
  • 80 gr di burro a temperatura ambiente
  • 1 busta di vanillina
  • 120 gr di zucchero
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci
  • 1 pugno di uvetta passa (piccola) ammollata nella grappa (io ho usato pezzetti di giuggiole)
Mescolare le farine ed impastare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo.
Formare un salame, del diametro di circa 5/7 cm, coprire e mettere in frigo a riposare almeno 1 ora.
Togliere dal frigo e tagliare a rondelle di circa 1/2 centimetro di spessore ed infornare su teglia (rivestita di carta da forno) a 180°C per 20-30 minuti.
Il biscotto resterà, alla fine, compatto ma friabile, tipo frollino.

mercoledì 23 settembre 2009

La Mosa

mosa

Erano almeno vent'anni che volevo preparare questo piatto, tanti quanti sono passati dall'acquisto del mio primo libro che, già allora amante delle tradizioni, guarda caso è proprio quel "La Cucina Vicentina".
Adoro questo libro, che come potete vedere dalle squalciture è mal ridotto ma inseparabile, dove il mitico Amedeo Sandri racconta, in un misto fra ricordi e storia, quello che era la cucina di un tempo: non solo il cucinare, ma proprio la cucina di casa, con le sue storie, i suoi profumi.

cucina vicentina

Adoro questo libro, anzi adoro tutti i libri dove la cucina è viva, protagonista, e fin'ora ne ho trovati davvero pochi.

Ma veniamo alla Mosa: come dicevo avrei sempre voluto farla, ma non so perchè non l'ho mai provata, e non so proprio perchè, visto che è semplicissima ma buonissima.

La mosa è una zuppa ormai completamente andata in disuso, ma una volta era molto usata. Quando durante l'inverno il latte prodotto era troppo poco per fare il formaggio, lo si usava in questa zuppa con la zucca, che tutto l'inverno era messa in granaro (granaio) a mantenersi e maturarsi.

Quello che si otteneva era un piatto completo e molto nutriente che ben si accompagnava con una spolverata di zucchero o del formaggio (grattato o a pezzetti) o dei crostini. Sempre comunque affiancato da una brocca di latte freddo che poteva essere aggiunto per raffreddarla ed arricchirla.

Ingredienti

  • 800 gr di zucca dolce pulita
  • 1 litro di latte
  • 60 gr di burro
Preparazione

Mondate la zucca e ripulitela dai semi (che potete sempre mettere da parte e tostare in forno...), tagliatela quindi a pezzettoni e mettetela a cuocere in abbondante acqua salata per 20 minuti o fino a quando non sia tenera.
Nel frattempo scaldate (fino al bollore) il latte e fondete, in una capace casseruola, il burro.
Appena pronta, scolate la zucca, passatela allo schiaccia patate direttamente nella casseruola con il burro. Fate passare per qualche minuto la zucca nel burro, mescolando continuamente.
A questo punto aggiungete a filo il latte, e quando lo avete aggiunto tutto riportate al bollore. Assaggiate e salate q.b.

Versate nei piatti ed aspettate, prima di servirla, che faccia la pelesina (la pellicina). Accompagnatela in tavola con zucchero, latte freddo, formaggio grattuggiato e/o a pezzettini, crostini.

Varianti

Conviene farne sempre in abbondanza (la dose che dato può bastare per 6 persone) perchè il giorno dopo può essere servita in altro modo:
  • potete aggiungere, dopo il latte, farina gialla in quantità a piacere in modo da ottenere una crema più densa o addirittura una polentina
  • se la crema è abbastanza liquida (o al limite aggiungendo altro latte), potete cuocervi il riso e farla diventare una minestra.

domenica 20 settembre 2009

Gnocchi con la fioretta

gnocchi alla fioretta

Un paio di settimane fa siamo stati a Recoaro Terme, un bellissimo paese incorniciato dalle Piccole Dolimiti, alla festa del Gnocco alla Fioretta.

Recoaro è stato il primo comune a deliberare, in provincia di Vicenza, una De.Co. (Denominazione Comunale), proprio con il piatto dei Gnocchi alla Fioretta.

Si tratta di un piatto tipicamente preparato dai malgari e dai pastori della zona, mescolando la farina alla fioretta. La fioretta è il primo affioramento della ricotta, in pratica una ricotta liquida e leggera.
Il tutto viene condito con burro fuso e formaggio duro grattuggiato (ricotta affumicata, in origine, ora grana), oppure con burro, cannella e zucchero.

Inutile dire che mi son fiondato su tutti i banchetti dei casari presenti alla festa per carpire i trucchi per preparare la fioretta ;)


Preparazione della fioretta

La fioretta si ottiene durante la preparazione della ricotta, quindi partendo dal siero residuo dopo la preparazione del formaggio.
La procedura è sempre la stessa, ovvero si aggiunge il 15-20% di latte al siero, nel mio caso 1/2 litro sul siero residuo dei 4 litri di latte, si aggiunge il sale amaro (detto anche sale inglese), nel mio caso un cucchiaio, oppure si acidifica con succo di limone.
A questo punto inizia la cottura (o meglio ricottura) del siero. Mentre la ricotta affiora in fiocchi densi raggiungendo (e mantenendo per qualche minuto) i 90°C, la fioretta è una schiuma morbida che si forma intorno ai 65-75°C.


fioretta


Come vedete dalla foto, la sua consistenza è liquida, anche se il gusto è quello della ricotta. Per raccoglierla basta un grosso cucchiaio.

Terminata la raccolta della fioretta (circa 2/3 di litro nel mio caso) si può procedere con la produzione della ricotta.


Preparazione dei gnocchi

E' davvero banalissima, basta aggiungere alla fioretta sale q.b., una bella grattuggiata di noce moscata (facoltativa), e versare la farina a pioggia mescolando, fino ad ottenere una pastella densa. (Per capire se la densità è giusta, le prime volte conviene provare a fare un gnocco).

Dopo averla fatta riposare 1/2 ora in frigo, la si versa aiutandosi con due cucchiai nell'acqua bollente salata.

Quando i gnocchi affiorano si tolgono dall'acqua e si condiscono subito con burro fuso (io ho messo anche un profumo di salvia nel burro), o burro con cannella e zucchero.

sabato 19 settembre 2009

Bigoi mori in salsa

Anche se i Bigoi in Salsa si consumano tipicamente il Venerdì santo o comunque nei giorni di magro, quando piace... ogni occasione è buona.
E visto che dopo i Bigoli alla Venexiana di CorradoT, avevo promesso di postare una ricetta con uno uso più consono dei bigoli, ed eccomi qui con uno dei piatti più tipici e più poveri della cucina vicentina.

bigoi mori in salsa

Che sia povero lo si legge dagli ingredienti: sarde sotto sale, economiche ma saporitissime (quindi ne basta poco poco) e cipolle, di cui per fortuna son pieni gli orti. Niente altro, giusto un profumo (ma poco poco) di pepe, niente vino, niente erbe, niente insomma, solo olio.

bigoi mori in salsa ingredienti

L'uso di gusti forti si presenta anche in altri piatti tipici della cucina popolare Vicentina (e Veneta): questo mi fa tornare a mente che devo preparare quanto prima Poenta e scopeton.... ma questa è un'altra storia.

Anche se nella mia ricetta ho usato l'olio di oliva, dubito che fosse l'olio usato dalle nostre nonne: più tipicamente si usava l'olio di semi, più economico e meno gustoso (elemento questo che poteva essere un pregio in presenza di altri gusti forti).

bigoi mori

I bigoli utilizzati, son detti Bigoi mori, una tipica pasta secca, poco più spessa di un vermicello. Il nome deriva dal loro colore, dovuto all'uso di aggiunte di farina integrale alla farina di grano duro. Anche se il colore tende a sparire in cottura, il gusto ne guadagna. Due le scelte tipiche (le vedete qui sopra).

Per questo piatto non si usano i Bigoi freschi, quelli con la pasta all'uovo e tirati dai omeni col torcio, che invece sono usati con sughi di carne (piatto fantastico sono i Bigoi co' l'arna).

Una piccola nota: se togliamo la cipolla e mettiamo un po' più di sarde, ecco pronti i Bigoi co' la sardea, ancora più semplici, anche se dal gusto più forte.

Ovviamente il tutto, se potete, va bevuto con un buon vino bianco che aiuti a ripulire la bocca dal dolce della cipolla e dal sapore della sarda: io ho usato un classico della zona, il Garganego.


Ingredienti
  • Bigoli mori
  • 2 sarde sotto sale a testa
  • 1/2 cipolla media bianca a testa
  • olio
  • pepe da macinare (o pestare)

Preparazione

Lavate le sarde e mettetele qualche minuto in ammollo in acqua fredda. Affettate intanto la cipolla finissima e mettetela in un pentolino con abbondante olio.

Risciacquate nuovamente le sarde e deliscatele, quindi tagliatele a pezzi piccoli. Fate appena imbiondire le cipolle, aggiungete le sarde e mezzo bicchiere d'acqua. Riducete la fiamma al minimo e fate sciogliere cipolla e sarda lentamente, aggiungendo se necessario ogni tanto dell'acqua.

Cuocete nel frattempo i bigoli, avendo cura di salare la pasta meno del solito (le sarde tendono a trattenere sempre un po' di sale).
Quando pronto mescolate bene la pasta con la salsa e spolverizzate con poco pepe macinato fresco (o pestato).

Mi raccomando: niente grana !!!!! ;)